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 Qualità;
Piccole Produzioni Locali e Cultura dell’ape
 
di Giuseppe Morosin
 
Gli apicoltori devono saper far tesoro delle Piccole Produzioni Locali, un’opportunità che qualifica l’apicoltura di territorio e tutte le sue uniche produzioni. Ne trarrà vantaggio l’apicoltura in generale. Insomma, la strada maestra per gli apicoltori potrebbe essere proprio di fregiarsi in etichetta della dicitura PPL. Un’altra strada è quella di trasformare la propria Azienda apistica in “Fattoria didattica apistica-ambientale”. Vediamo come si fa
 
Su iniziativa del Settore Veterinario dell’ULSS n°8, Con  il d.g.r. 2280 del 28 settembre 2010, è stata aperta una grande opportunità per il rilancio dell’apicoltura di territorio che da oltre 30 anni gli Apicoltori del Grappa cercano di perseguire con tutte le loro forze.
Finalmente una Istituzione locale, su iniziativa del responsabile del Servizio Sanità Animale dell’ULSS n. 8 il dottor Stefano De Rui e il suo collaboratore dottor Luca Buffon, ha saputo proporre un percorso igienico sanitario di valorizzazione, sensato e proporzionato alle reali dimensioni delle piccole realtà produttive che ben si differenziano dal mondo della globalizzazione, che oggi ci assale in tutti i settori.
Al contrario, gli apicoltori della nostra associazione, operano per passione, per lo più in forma di autoconsumo e integrazione del reddito, mantenendo uno stretto contatto con il territorio. Per questo sono in grado di recuperare salutari tradizioni nel rispetto della biodiversità di vita e di tutte quelle specificità di nicchia ambientale che solo l’ape sa valorizzare.
Possiamo dire che tutto questo si colloca in perfetta simbiosi con le nostre api, capaci di garantire sia il servizio di impollinazione delle coltivazioni e dei frutti tipici, sia un controllo capillare dello stato di salute dell’aria, dell’acqua e del suolo.
Se tutti riconoscono ciò all’apicoltura di territorio, perché allora non si può andare oltre a quello che si è fatto sino ad oggi?
Per iniziare il percorso non dobbiamo mescolare tutto in modo confuso, ma occorre distinguere bene, ruoli, impegno sociale, responsabilità ambientali, investimenti nella tipicità di territorio con specifiche scelte di allevamento e produzione.
Anche se i ricavi immediati danno ragione ad una apicoltura super specializzata e di grandi numeri, occorre saper valutare bene il ruolo primario dell’ape a servizio del territorio che, pur richiedendo maggiori costi di gestione per le limitate produzioni e il maggior impiego di manodopera esperta, riesce ad esaltare il profitto del benessere sociale, facendo risparmiare molti soldi nei costi della salute, garantendo una migliore qualità di vita dei cittadini e non ultimo  conservando il nostro patrimonio di biodiversità ambientale.
Tutto questo sembra molto interessante e qualitativo, esistono in realtà delle problematiche che dobbiamo ben considerare e che devono essere regolamentate da uno specifico disciplinare di qualità e tracciabilità.
Mi riferisco ai soliti “furbi”, presenti in tutti i settori e quindi anche tra gli apicoltori, che pensano di prendere la scorciatoia delle “PPL” (Piccole Produzioni Locali), puntando solo al commercio, prima di preoccuparsi a ben allevare le api, garantire loro un certo benessere di vita e svolgere un servizio ecosostenibile al territorio.
Questi “furbi commercianti, specializzati nel vendere a tutti i costi” costituiscono il vero pericolo del progetto di valorizzazione.
Visto quello che ci ha insegnato, in questi ultimi decenni, l’esperienza associativa del Marchio “Miele del Grappa” a certificazione biologica, riteniamo fondamentale creare un “Regolamento - Disciplinare” che garantisca al consumatore la completa tracciabilità del prodotto ottenuto esclusivamente sul territorio in oggetto anche se con una razionale forma di nomadismo degli apiari che si può estendere, solo per gli apicoltori residenti, entro al perimetro territoriale dei comuni che costituiscono una o più Ulss di riferimento. Infatti è importante che alcune Ulss creino una stretta collaborazione e parlino un linguaggio comune, (per affinità di territorio, storia, caratteristiche ambientali ecc.), al fine di applicare unitarie forme di controllo e valorizzazione territoriale, sempre avendo come interlocutore le forme associate di apicoltori che devono maturare decisioni unanimi, costruendo un disciplinare comune.
Gli apicoltori che attuano nomadismo professionale interregionale e nazionale, certamente non rientrano nelle “PPL”, in quanto spostano le api per un fine primario di produttività specializzata, seguono una organizzazione commerciale specifica e non possono garantire la costante presenza sul territorio degli alveari per esplicare tutti quei benefici sociali ed ambientali che sono stati in precedenza citati.
Di conseguenza i piccoli apicoltori potranno fregiarsi nella loro etichetta, della dicitura “PPL” e vendere direttamente la loro produzione indicando la specifica tracciabilità, senza nessuna possibilità di mescolare quel miele tipico di territorio con altro miele, anche se di provenienza italiana. Sappiamo però che una elevata percentuale di miele è importata e miscelata, facendo una sleale concorrenza alle nostre piccole produzioni locali.
Se sarà possibile attuare questo riordino del mercato della tipicità del miele le prospettive di reddito della nostra apicoltura possono aumentare, perché si potranno distinguere chiaramente le produzioni tipiche locali dalle altre e facendo rete con tutte le specialità locali “PPL” sarà possibile qualificare e rilanciare quei mercatini che noi abbiamo definito “Gustare la Biodiversità di territorio”, invogliando anche i giovani a dedicarsi con soddisfazione ed orgoglio a questo settore spesso soffocato da un falso commercio delle produzioni tipiche locali.
Sarà molto importante tenere sotto controllo i prodotti dell’alveare e attivare tutte le verifiche del caso: di carattere residuale, chimico fisico, e di garanzia di tipicità.
In poche parole, questo marchio “PPL” deve costituire una distinzione ed un premio all’apicoltore che alleva e crea benessere di vita alle api a stretto servizio della qualità di vita del territorio.
Su tale impostazione di lavoro le associazioni degli apicoltori devono essere in perfetto accordo e si devono assumere la responsabilità di costruire, assieme al settore veterinario e alla regione, non solo il disciplinare “PPL”, qualificarlo e renderlo chiaro e trasparente nei punti critici sopra esposti, ma in particolar modo si deve ben stabilire chi, come, e quando controlla che tutta la filiera di produzione si svolga correttamente e con tutte le garanzie di qualità e tipicità per il consumatore.
Sulla base di queste considerazioni sono disponibile a confrontarmi con tutti coloro che intendono portare avanti un piano di valorizzazione delle “PPL” per la promozione della tipicità e tutela dei nostri territori regionali a vocazione apistica.

La cultura dell’ape

L’operare dell’Apicoltore esprime i massimi livelli di professionalità  quando riesce a comunicare in modo completo la cultura dell’ape alle nuove generazioni, alle istituzioni sociali e a tutti gli appassionati della natura. Ne deriva una forma completa di valorizzazione attraverso le FAD “Fattorie Apistiche Didattiche” che innalzano l’apicoltura ai massimi livelli, come realmente merita, per il suo grande valore ecologico-sociale.
Non solo produrre miele: oggi più di ieri è fondamentale che l’apicoltore sappia diversificare e valorizzare tutto quello che può offrire l’apicoltura di territorio.
Al primo posto assoluto non troviamo soltanto i diversi prodotti dell’ape, sia pur importantissimi per la nostra vita e salute, ma se ci pensiamo bene, il fattore più importante riguarda il patrimonio umano e di professionalità dell’apicoltore, capace di studiare a fondo, saper trasmettere e divulgare la grande cultura bio-ecologica dell’ape, la quale continua ad insegnarci una ricca e complessa forma di linguaggi che spesso non riusciamo pienamente a leggere e comprendere.
Pensate come cambierebbe  il ruolo e la considerazione dell’apicoltura italiana e territoriale se ogni apicoltore fosse in grado di far esaltare e considerare le reali potenzialità, ecologiche, culturali, economiche e sociali, che l’allevamento degli alveari comporta per il nostro benessere e qualità di vita.
Sono molto complessi i continui messaggi di vita che l’ape ci offre, si collegano strettamente a molti aspetti del nostro vivere quotidiano, invece spesso, la nostra visione individualistica e settoriale ci porta a sclerotizzare su aspetti secondari che mirano a sfruttare l’ape per un guadagno economico il più possibile immediato senza tenere in considerazione l’intero e complesso mondo di questo insetto domestico, libero di muoversi attorno a noi e capace di testare costantemente la qualità dell’aria, dell’acqua e del suolo. E’ vero che una minoranza di apicoltori professionisti fanno dell’apicoltura una primaria ed unica funzione economica aziendale e che hanno tanti meriti nel salvaguardare questo settore per le specializzate produzioni di miele e per l’enorme servizio di impollinazione delle piante.
E’ anche altrettanto vero che ci sono tanti altri piccoli-medi apicoltori, che con tanto impegno e passione mantengono le api costantemente a servizio bio-ecologico dei territori, aiutandole a sopravvivere, produrre e rinnovarsi, interpretando così una apicoltura in perfetta sinergia con l’ambiente.
Alcuni di questi stessi apicoltori sanno anche attivare un razionale nomadismo interno capace di esaltare ancora di più una valorizzazione sia tipico-produttiva che didattico-culturale.
Con termini più appropriati possiamo qualificare queste realtà aziendali come “Fattorie didattiche apistico-ambientali”. Si tratta di un’esperienza che da sei anni io e mia figlia stiamo conducendo e sempre più perfezionando, con crescenti soddisfazioni e un discreto introito economico integrativo.
Grazie alla scelta editoriale di Apitalia che ci ha concesso una collaborazione per confrontarci con altre aziende apistiche che hanno importanti esperienze in questo settore, unitamente ad alcuni appassionati apicoltori che intendono avviare iniziative simili.
Cercheremo, attraverso alcuni articoli, di far conoscere quello che è stato il nostro percorso, piuttosto impegnativo e ancora perfezionabile con nuove idee pratico-operative.
In particolar modo, potremo scambiarci esperienze e indicare agli amici apicoltori che intendono esplorare questo settore, come impostare la propria azienda per promuovere l’apicultura unitamente a tutte le risorse storiche-ecologico-culturali che il proprio territorio può offrire.
Pensate a quali importanti livelli di promozione e valorizzazione del territorio si è arrivati nel settore dei vini e dei prodotti tipici, con mirati accostamenti storico monumentali, come splendide ville, coinvolgendo il teatro, la musica e le più nobili espressioni dell’arte e dell’artigianato artistico.
Ritengo che anche noi apicoltori ci dobbiamo ingegnare, creando una certa sintonia sulla cultura dell’ape nei confronti dell’ambiente e del bio-benessere, facendo rete di collegamento con tutto quello di importante che il territorio può offrire anche nella storia, nelle tradizioni e in quei valori che sono patrimonio di tutti e che non dobbiamo dimenticare.
A pensarci bene noi apicoltori siamo anche più favoriti per l’enorme potenzialità di stimoli e suggerimenti che l’ape, l’alveare e il territorio ci insegnano costantemente e che spesso trascuriamo per mirare ad un profitto immediato di sfruttamento, a volte complicando anche la gestione economica aziendale.
Mi riferisco alle  eccedenze di miele, impossibili da valorizzare pienamente, e magari ci troviamo senza api in primavera perché non abbiamo saputo gestire bene gli alveari in quei 2-3 mesi favorevoli per specializzare l’allevamento e fortificare le famiglie per la stagione successiva.
Non è da sottovalutare come uno sviluppo armonico e diversificato dell’azienda apistica riesca spesso a soddisfare anche il rendiconto economico, in quanto diventa molto più facile comunicare, divulgare e soprattutto creare fiducia nei cittadini consumatori vendendo direttamente al dettaglio l’intera produzione.
In certi casi si arriva anche a prenotazioni anticipatamente sull’acquisto dei vari prodotti apistici, proprio per non rimanere senza un alimento unico e salutare.
Mi riferisco, oltre al miele, alla produzione e vendita diretta del polline congelato e della propoli appositamente preparata, mescolata al miele, senza alcool, utilizzabile anche dai bambini come un vero e proprio alimento super protettivo (di questo ne parlerà in modo specializzato il mio presidente Gianni Stoppa su un prossimo articolo).
Per promuovere tutto ciò si è aggiunta, recentemente, nella regione Veneto, una grande opportunità, che da oltre 30 anni gli Apicoltori del Grappa cercano di perseguire con tutte le loro forze.
Mi riferisco all’iniziativa del Settore Veterinario dell’ULSS n. 8, con il d.g.r. 2280 del 28 settembre 2010, sulle “Piccole Produzioni Locali”, (ampiamente illustrato nel n. 1/2011 di Apitalia e su uno specifico articolo collegato a questo), grazie alla quale sarà possibile attivare un percorso igienico sanitario di valorizzazione e commercializzazione delle PPL, sensato e proporzionato alle reali dimensioni delle piccole-medie realtà produttive, che ben si differenziano dal mondo della globalizzazione, sempre più aggressivo in tutti i settori.
Infatti la maggior parte degli apicoltori della nostra associazione regionale operano per passione, per lo più in forma di autoconsumo e integrazione del reddito, mantenendo uno stretto contatto con il territorio. Proprio per questo sono perfettamente in grado di recuperare salutari tradizioni nel rispetto della biodiversità di vita  e di tutte quelle specificità di nicchia ambientale che solo l’ape sa valorizzare.

Come diversificare e valorizzare le produzioni in apicoltura?

Una strada sicura è la FAD.
Molte delle nostre aziende apistiche, anche se a conduzione familiare, hanno le caratteristiche strutturali e professionali di attivare una FAD.
La radicazione storico-ambientale sul territorio e il mondo “magico” delle api costituiscono un vero e proprio patrimonio culturale che merita di essere divulgato e valorizzato per la salute e il benessere di tutti.
Serve però una preparazione che io definisco di 4° livello: “L’arte di comunicare in modo chiaro e semplificato”, unita alla capacità di saper interpretare tutto quello che l’alveare ci insegna. Si tratta di non improvvisare sterili chiacchiere, ma di costruire una vera e propria specializzazione professionale, capace di avere tutte le competenze sulla vita delle api e di essere in grado di approfondire ed applicare una efficace comunicazione nei contenuti, rendendo i visitatori diretti protagonisti nello sperimentare con tutti i sensi questo mondo, per molti versi straordinario e che ancora riesce a coinvolgere ed emozionare grandi e piccini.
Si possono incontrare facili delusioni se si pensa che tutto questo sia facile e immediato, occorre invece dar ampia espressione alla genialità e creatività tipica degli apicoltori, abili osservatori di tutte le forme vitali e altamente ingegnose delle nostre api.
Mi sono accorto che così si riesce ad incidere con molta efficacia nella cultura di base delle scuole e dei cittadini-utenti-consumatori, offrendo grande dignità all’apicoltura come realmente merita.  
Se l’iniziativa funziona lo si capisce subito, non serve investire in onerosi costi pubblicitari, basta semplicemente l’inevitabile “passa parola”  che si viene a creare spontaneamente unito a un confronto comunicativo con  chi ha sperimentato ed è rimasto soddisfatto e colpito di quello che ha visto, assaggiato e provato. Di conseguenza, il cerchio si chiude con un ritorno di messaggi positivi, uniti spesso ad utili suggerimenti che permettono una crescita continua e qualitativa unita ad una sempre maggiore diffusione di conoscenze per tutta la comunità, comprese le istituzioni locali che la governano.
Concludo con un semplice suggerimento a tutti i presidenti e ai membri dei Consigli direttivi delle associazioni apistiche che stanno programmando attività e corsi di aggiornamento per gli apicoltori: facciamo crescere la professionalità dei nostri associati, investendo sui giovani con scambi di esperienze che realmente possono promuovere a 360° l’apicoltura come bene sociale indispensabile per valorizzare i diversi territori e la qualità di vita.

Prossimo articolo: “Come impostare e far funzionare una FAD?”
 
 
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© Apitalia - Tutti i diritti riservati
Scritto in data 28/03/2011 da Giuseppe Morosin
Esperto Apistico Ass. Reg. Apicoltori del Veneto “Apicoltori del Grappa” apicoltori.morosin@libero.it www.alvearedelgrappa.it
 
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