Il presente decreto, in vigore dal 12 dicembre 2008, stabilisce le modalità di finanziamento dei controlli sanitari ufficiali, disciplinati al titolo II del regolamento (CE) n. 882/2004, eseguiti dalle autorità competenti per la verifica della conformità alla normativa in materia di mangimi e di alimenti e alle norme sulla salute e sul benessere degli animali. Le modalità della sua applicazione al settore apistico sono attualmente oggetto di valutazione. Il miele è espressamente citato nell’Allegato A del decreto in oggetto, Sezione VI – Stabilimenti non ricompresi nell’Allegato IV Sezione B del Regolamento (CE) n. 882/2004. Questa Sezione, oltre alla tipologia di stabilimento (Attività prevalente ingrosso), definisce tre fasce produttive annue: A fino a 500 tonnellate, B da 501a 1.000, C oltre 1.000. Definisce inoltre, le tariffe annue forfetarie: fascia A 400 euro/anno, fascia B 800/anno, fascia C 1.500/anno, differenziate secondo una categorizzazione, calcolata in base alla entità produttiva degli stabilimenti e per fasce produttive (intese in rapporto al prodotto finito e/o alla commercializzazione). Se è chiaro che chi svolge attività commerciale acquistando il miele e lavorandolo o di lavorazione conto terzi ricade nel campo di applicazione del decreto, non è ancora stato chiarito se chi svolge attività apistica che ricade nella produzione primaria di cui al Regolamento (CE) n. 852/04, possa in qualche modo ricadere anche nel campo di applicazione del D.L.vo 194/08. Per analogia a quanto indicato nel decreto 194, un parametro di valutazione potrebbe essere il quantitativo di miele prodotto. E’ ovvio che se l’applicazione del decreto dovesse essere estesa anche alla produzione primaria, le tariffe applicate dovrebbero essere riconsiderate in funzione dei quantitativi di miele prodotto, non procedendo alla semplice applicazione di quanto già espressamente indicato nell’Allegato A, Sezione VI. Resta da chiarire inoltre il comportamento da adottare, ad esempio, nei confronti delle associazioni o delle cooperative che ritirano e lavorano in una propria struttura autorizzata e talvolta commercializzano il prodotto dei soci. In questo caso l’attività è da considerarsi servizio reso agli associati e quindi attività primaria o a tutti gli effetti un’attività che ricade nel campo di applicazione del decreto 194? Il decreto in effetti non esclude chiaramente la produzione primaria, ma tantomeno la esplicita. E’ comunque opinione comune che per quanto attiene lo specifico, chi introduce materie prime le lavora e/o le trasforma ricade nel 194, ma non altri. Ne deriva che una specifica valutazione delle modalità di applicazione del decreto al settore apistico è chiaramente necessaria. |