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 Classici
Impariamo dalle api
 
di by Apitalia
 
Lo scrittore Mario Rigoni Stern è morto ad Asiago, aveva 86 anni. Era malato da tempo, è mancato lunedì sera il 16 giugno 2008. «La sua fama era di levatura mondiale e rappresentava i valori della gente della montagna, quelli in cui tutti noi ci identifichiamo. Per fortuna ci ha lasciato un tesoro, quello delle sue opere delle quali possiamo continuare a godere. Per noi è una perdita gravissima. Rigoni Stern era l’icona dei valori della gente di montagna » ha dichiarato il sindaco di Asiago, Andrea Gios. Mario Rigoni Stern era nato ad Asiago (Vicenza) il primo novembre 1921
 
I vecchi e fedeli lettori di questo nostro giornale si ricorderanno bene di quanto scrivevo delle mie api; la prima volta fu nell’aprile del 1977 e, a guardarsi le spalle, sono passati più di trent’anni. Non sono pochi. Ricordo anche quel ragazzo che ero ottant’anni fa quando le osservavo sui prati e attorno alle arnie del signor Augusto. Ricordo anche che in Russia, durante quel brutto inverno del 1942, era a noi manna quel poco miele che qualche volta trovavamo nelle povere isbe. Fu poi verso la pensione, non poco stanco dell’ufficio del catasto e un po’ per insufficienza di interessi, che mi riprese l’antica passione. E da tre fratelli apicoltori comprai due arnie. Fu davvero una buonissima cosa e presi a scriver per i miei lettori le esperienze dilettantesche sulle api, e a leggere quanto mi capitava in proposito di insetti sociali. Dal Piemonte e dalla Liguria i lettori  mi scrivevano facendo utili osservazioni o chiedendo pareri. Insomma ci scambiavamo le nostre esperienze. Con le api e con i lettori ci fu un ottimo rapporto. Ricordo che nel primo anno raccolsi una trentina di chili di miele molto buono e mezzo chilo di cera. Era miele di tarassaco, di timo serpillo e di tiglio; la cera era molto profumata. Via via con gli anni, con lo studio e l’osservazione e la pratica e, naturalmente con le sciamature, aumentai le arnie e la produzione. Non si trattava solamente di raccogliere il miele che le api producevano, ma anche segnare sul diario le date, il tempo, la fioritura, le sciamature, le smielature e da dove presumevo venissero i raccolti. Avevo miele da radure di erica, dal bosco, dalla montagna sovrastante; polline da crochi e da saliconi. Era bello seguire i loro voli e con il compasso, prendendo come centro le mie arnie, segnavo il territorio a cerchi per capire i luoghi di raccolta, fu una bella esperienza. Il miele che ricavavo in più lo regalavo a parenti e amici, la cera la usavo per rendere più veloci i miei sci e per i mobili di casa; la davo anche a un amico ex campione olimpionico che la usava per fabbricare famose scioline per il fondo. Dalle pareti delle arnie, dal tettuccio e dai favi raccoglievo la propoli che è quella resina arricchita da sostanze elaborate dalle api per mummificare insetti estranei o nocivi dentro l’arnia, o per chiudere le fessure, fissare i telaini; io la uso per medicare ferite o scottature, è preziosa come medicamento e d’inverno io la brucio sulla brace per purificare l’aria della casa. Quando nella tarda primavera dentro l’arnia c’erano celle reali in più succhiavo la pappa reale. Dicono che fa bene ai vecchi e che mantiene giovani. Ha un sapore acidulo ma non sgradevole. Sapore di vita? Forse. Miele, cera, propoli, pappa reale, polline questo mi davano le mie api e da trent’anni la mia colazione mattutina è latte da vacche al pascolo, pane e miele. Ora, per ragioni di età, ho dovuto smettere di fare l’apicoltore dilettante e ho donato le api, arnie, attrezzature varie, a un appassionato con poche possibilità economiche. Ho conservato il cappello, la cera e la propoli. Seguo l’andamento stagionale dell’apicoltura e mi scelgo i mieli. È di questi giorni un allarme dell’Unione Nazionale Apicoltori. Dicono che l’apicoltura è in una grave crisi, che la produzione del miele quest’anno è calata del 20-50% e che gli stessi consumi sono diminuiti. Peccato; forse le monocolture estese e la lavorazione meccanica del terreno avranno certamente influito sulla flora mellifera: una fioritura simultanea e poi nulla non è favorevole; anche la stagione non è quest’anno come le precedenti: caldo, siccità, grandinate anche alle api portano carestia. Può capitare ogni tanto una stagione no. Ora sono, siamo, condizionati più che in passato dall’ambiente e dal clima ormai compromessi dall’attività dell’uomo; questo animale che si crede onnipotente e interviene pesantemente a consumare natura, che non è inesauribile. Per l’allarme di questa stagione insolita ho telefonato a quattro apicoltori per sentire le loro opinioni. Tre, per tradizioni di famiglia, vivono di questo lavoro, il quarto è proprietario di centinaia di arnie che nel tempo dell’anno pratica il nomadismo dalla Calabria alle Alpi. Sì, hanno i loro problemi ma nessuno è catastrofico. Sono del parere che per conservare le api in buona salute ci vogliano cure, attenzione al clima, alle fioriture e nello scegliere buone regine. Oggi le migliori vengono dalla Germania dove si selezionano ceppi che provengono dalla Siberia eridionale e dalle repubbliche dell’Asia centrale; assicurano che sono più resistenti alle malattie. Mi considero un dilettante ma quando c’era siccità tenevo a loro disposizione acqua pura e fresca; se non c’era raccolto di nettare o polline le aiutavo con miele e polline che avevo messo da parte nel tempo dell’abbondanza e nell’autunno le proteggevo dal freddo con opportuni ripari, lasciando sufficiente nutrimento fino a primavera.

Mario Rigoni Stern
per gentile concessione del quotidiano LA STAMPA

Stagione di vita
in compagnia delle api

da Uomini, boschi e api, Einaudi, 2007, pagg. 194, euro 9,00. Prima edizione 1998

che in questi ultimi trent’anni gli interventi fatti dall'uomo per combatterli hanno provocato profondi cambiamenti nel loro mondo? Seppure essi vivano da un polo all’altro della terra, è dato per certo che Ddt e altri insetticidi dalle complicate formule chimiche hanno alterato profondamente la struttura di questa classe di antropodi. Attualmente se ne contano 800.000 specie, ma chissà quante altre ne rimangono da scoprire se, come assicurano gli entomologi, ogni anno se ne trovano almeno diecimila di nuove. Comparvero sulla terra duecento milioni di anni fa, e migliaia di varietà fossili nelle ambre e nelle rocce risultano molto simili agli insetti di oggi. Insomma nel grande universo della natura sono forse le forme di vita più misteriose, e che fanno pensare chi, per un po’ del suo tempo, si ferma a Guardarle.[....][....] senza di loro la nostra terra diverrebbe un infelice deserto luogo nello spazio.Chi impollinerebbe i fiori? Chi favorirebbe il processo di decomposizione, fenomeno essenziale alla vita? E di che cosa si ciberebbero molte altre specie animali: uccelli e pesci? E anche la lotta contro altri insetti che avrebbero il sopravvento con esiti incalcolabili nel sistema ecologico, da chi verrebbe fatta se non ci fossero altri insetti?[....]

III
[....] esplose la primavera con sole splendido e caldo, e i prati intorno furono tutti gialli per la fioritura del tarassaco. Dalla mattina di buon’ora fino a sera tardi erano in continuo lavorio e tutte indaffarate a portare polline e nettare: il loro ronzio era come una musica che fasciava la casa e l’aria intorno e potevo tranquillamente osservarle senza il timore di essere punto. A mano a mano che crescevano di numero, perché la regina spesseggiava a deporre le uova, allargavo lo spazio spostando il diaframma e aggiungendo telai da nido con foglio cereo; e intanto levavo anche e sostituivo qualche favo vecchio e scuro perché lasciandoli nell’arnia per più anni le cellette esagonali, a causa dei residui di involucri che le larve lasciano sul fondo, diminuiscono di volume e con il tempo nascerebbero api più piccole. Levai pure le costruzioni di cera iniziate fuori posto e celle reali che ritenevo in sovrappiù; e le mie mani odoravano di cera e miele e le api che arrivavano stanche venivano a posarmisi addosso. E mi pareva persino di sentire il loro respiro affannoso per la fatica di tanto raccolto. Molte, poi, erano tanto gialle di polline che sembravano dipinte e facevano allegria come i bambini impiastricciati di colori.[....] [....] ascoltando e osservando, tutto appariva regolare e ritmato come fosse governato da un perfetto congegno meccanico, ma con anima vitale e sensibilissima all’armonia dell’insieme. Già, perché le api sono “insieme” e non individui: fuori dalla comunità non possono vivere: regina, operaie, fuchi sono come un’unica vita fatta da tanti piccoli cervelli. E’ un “sociale”, dice Rémy Chauvin, insigne ricercatore della Sorbona, “d'interconnessione di tanti piccoli cervelli individuali secondo metodi che non conosciamo e che noi appena ora cominciamo a divinare”. A questo punto si possono fare dei raffronti tra la vita degli animali sociali e quella degli uomini, ma qui il discorso diverrebbe filosofico e non sono certo in grado di farlo.[....]

IV
E'‘stato dimostrato che sono le sostanze d’accettazione, e le repulsive che determinano il comportamento delle api al fine della vita dell’alveare; e di queste sostanze odorose una, particolarmente labile, è necessaria per determinare la nascita di una nuova regina. Difatti solamente da un cupolino di cera odoroso di “familiarizzante” le api operaie costruiranno la cella reale da cui, da un uovo comune, nascerà la procreatrice di altre api; e mentre per alimentare una larva comune, che si sviluppa dall’uovo dopo quattro giorni dalla deposizione, occorrono da due a tre milligrammi di “gelatina reale”, per la cella della futura regina di milligrammi ce ne vorranno da cento a trecento.[....] [....]Una sciamatura era dunque prevista, ma non sapendo da quanti giorni la cella era chiusa (viene opercolata con cera otto giorni dopo la ovo deposizione e dopo altri otto giorni vi è la nascita) non ero neppure in grado di prevedere il giorno in cui la regina vecchia se ne sarebbe andata con parte del suo popolo. (Ma non è giusto chiamare regina e popolo le varie componenti di questo insieme: non si tratta né di regni né di repubbliche, perché quella che viene definita regina non ha nessuna prerogativa reale, come pure sono prive di sudditanza le api comuni: l’una, le altre e i fuchi determinano la vita dell’arnia secondo le stagioni e il clima come un unico cervello). Insomma per quanto avevo visto, per un frinire sottile che avevo captato una sera accostando l'orecchio ( dicono che sia il canto della regina giovane), per le numerose api che avevo visto sostare non per prendere il fresco o per ventilare, ma come in attesa di qualcosa, per questa mia poca esperienza m'aspettavo il volo della sciamatura.[....] [....] Dicono che la regina si unisca allo sciame quando più di due terzi di questo è uscito dall’arnia; e può ben darsi perché più volte ho notato che a un certo momento le api in volo si addensano e più allegre “cantano”. Ed è a questo punto che girano tutte insieme come a cercare un luogo adatto per posarsi.[....] [....] dopo che il grosso si è posato, dei piccoli gruppi di esploratrici partono veloci verso i quattro punti cardinali alla ricerca del luogo adatto alla sosta definitiva per la ripresa della attività; potrebbe essere una fessura nella roccia, un incavo di un albero, un buco nel terreno. Quando le esploratrici hanno trovato il luogo adatto, ritornano al gruppo e con la danza ne indicano con precisione la direzione e la distanza. Ma può capitare anche che più pattuglie esploratrici indichino luoghi diversi: in simile caso lo sciame segue chi più insiste nella danza di segnalazione.[....]
Apitalia

BIBLIOGRAFIA
Il sergente nella neve. Ricordi
della ritirata di Russia (1953)
Il bosco degli urogalli (1962)
Quota Albania (1971)
Ritorno sul Don (1973)
Storia di Tonle (1978,
Premio Campiello)
Uomini, boschi e api (1980)
L’anno della vittoria (1985)
Amore di confine (1986)
Il libro degli animali (1990)
Arboreto di confine (1986)
Il libro degli animali (19990)
Arboreto salvatico (1991)
Le stagioni di Giacomo (1995)
Sentieri sotto la neve (1998)
Inverni lontani (1999)
Tra due guerre (2000)
L’ultima partita a carte (2002)
 
 
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Scritto in data 18/06/2008 da by Apitalia
 
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