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Malattie | ||||||
Vespa velutina: com’è cominciata | ||||||
di Sonia Allavena e Fabrizio Valdolivi | ||||||
Una testimonianza veramente toccante: «Le api fortemente stressate non uscivano più dagli alveari, quelle poche coraggiose che osavano avventurarsi fuori venivano catturate al loro rientro. Le velutine, ormai spavalde, non perdevano neppure più tempo a massacrarle in luoghi un po’ riparati (lo scorso anno se le portavano sulle fronde dell’ulivo di fronte), quest’anno lo facevano direttamente ai piedi degli alveari. Davanti agli alveari, sotto, dietro, ai lati, sempre e solo velutine»... «E così, una a una, le famiglie hanno cominciato a collassare… prima Maya, poi Sonny, poi Pina, poi le altre e l’ultima… Terminator»... «Anche tu Terminator che eri la più eroica non ce l’hai fatta ...» e continuavo a piangere... per rabbia, per impotenza, per frustrazione e per stanchezza fisica e morale. Confesso che molte volte sono stata tentata di arrendermi»... | ||||||
![]() Con Fabri (il mio compagno), avevamo già parlato con gli apicoltori francesi per sentire la loro esperienza, avevamo passato le serate, ognuno al proprio PC, a leggere tutto quello che era possibile trovare in rete, ma nonostante questo, quando è arrivata, non eravamo che minimamente preparati a quella che da una battaglia, è diventata poi una guerra nella quale la vincitrice è sempre lei, la Vespa velutina. Il 12 luglio 2013, a Vallecrosia (IM), il nostro amico e apicoltore Stefano ha trovato il primo nido (certificato dal Disafa, Dipartimento di scienze agrarie, forestali e alimentari). Circa una settimana dopo mi ha telefonato dicendomi che le velutine erano davanti ai suoi alveari. Stessa cosa, a distanza di circa 10 giorni, mi ha detto Gino, altro amico e collega. E poi è toccato a noi, il 15 agosto. Eravamo in campagna a festeggiare il Ferragosto con amici e prima di andare via abbiamo salutato le nostre api, cosa che ci piace fare, a me o Fabri. è andato Fabri e al suo ritorno teneva qualcosa racchiuso nel pugno della mano, mi ha guardato e mi ha detto: «Ho una brutta notizia», subito dopo ha aperto il pugno e mi ha mostrato una velutina. Mi si è gelato il sangue nelle vene e mi sono detta: «Ok, ora si comincia». Abbiamo immediatamente avvisato il Disafa di Torino, come già avevano fatto Stefano e Gino, e da quel momento ci siamo resi disponibili a collaborare con loro e a offrire il nostro apiario come oggetto di studio. Qualcuno doveva pur farlo e questo è uno dei motivi per cui non abbiamo portato via le api, un altro è che non crediamo che con la fuga si risolvano i problemi. Ho cominciato ad avvisare e allertare i colleghi nelle vicinanze, dicendo a tutti di mettere le trappole per fare monitoraggio e catture, spiegando loro che le nostre api erano seriamente compromesse. Mi guardavano tutti come se parlassi di marziani scesi da Marte, qualcuno mi dava dell'allarmista, qualcun altro sorrideva compassionevole. Sembrava fosse un problema solo mio. Ma si sa ... è un po’ come quando ti dicono che una persona che conosci ha il cancro. Ti dispiace ma intanto pensi che è capitato a lui e non a te. Un anno dopo le stesse persone sono venute a chiedermi aiuto dicendomi che avevo ragione e che avrebbero dovuto darmi retta, ma la cosa non mi ha gratificata neanche un po. Nel frattempo, però, altri apicoltori hanno compreso la gravità del problema e con l’aiuto delle associazioni liguri si è cominciato a fare informazione. A novembre 2013, il primo convegno dedicato a V. velutina, poi seminari e serate a tema. Sempre in prima linea insieme a noi tutti, il Disafa che non finirò mai di ringraziare per l’aiuto, la collaborazione e il sostegno. A livello politico abbiamo chiesto aiuto alla Senatrice del PD Donatella Albano che ha subito compreso la gravità del problema. Il suo impegno a livello istituzionale si è tradotto nella presentazione, nel novembre 2013, di un’interrogazione in Commissione Agricoltura, al Senato. In seguito, dati gli scarsi risvolti pratici ottenuti, nell’ottobre 2014 ha proposto e ottenuto un affare assegnato proprio sul tema, durante il quale ci sono state le audizioni in Commissione di tutto il comparto apistico, compreso gli enti di ricerca e che è terminato con una soddisfacente risoluzione e diversi impegni del Governo, sia a livello di intervento che di ricerca. A livello di contributi ha presentato un emendamento alla Legge di Stabilità 2015 che prevedrebbe lo stanziamento di 1 milione di euro, a supporto del comparto. Nei mesi estivi Fabri ha sperimentato non so quanti tipi di trappole, perché mentre è validissima la trappola con la birra in molti periodi dell’anno, un po’ più complessa è quella con l’attrattivo proteico. Se ne possono realizzare di diversi tipi, ma fondamentale è trovare quella che cattura di più, che sia pratica e poco dispendiosa. Fra le tante ce n’è una che pare la più utile e è al vaglio del Disafa. Lasciamo a loro la valutazione finale e se l’esito sarà positivo, state tranquilli che ne sarete informati tutti. Io ho pensato che con l’aiuto dei social avrei potuto fare informazione, ho realizzato video e pubblicato molte foto ed aggiornamenti. Però mi sono anche resa conto che non è facile far capire il problema alle persone che non possono toccare con mano. Così, da quest’anno, ho “aperto l’apiario alle visite”, dando la possibilità, a chi lo desiderasse, di venire a vedere con i propri occhi cosa fa la V. velutina agli alveari. Sono venuti apicoltori da tutta la Liguria, dal Piemonte e dalla Toscana e a tutti raccomandavo, quando ripartivano, di raccontare che cosa avevano visto e di informare a loro a volta altri apicoltori. Insomma, tutti qua abbiamo cercato di fare il massimo e in un solo anno direi che è stato fatto moltissimo, nulla di paragonabile a ciò che è stato fatto in Francia in 10 anni perché i colleghi francesi non sono stati molto aiutati dalle loro istituzioni. Gli apicoltori francesi si sono resi disponibilissimi con noi italiani e collaborano attivamente. Per questo motivo non posso proprio accettare che venga detto che gli apicoltori liguri abbiano sottovalutato il problema o che non abbiano agito immediatamente. Per tornare alla velutina, nel nostro apiario posso dire che nell’estate 2013 siamo riusciti a “metterci una pezza” e un po’ con l’aiuto delle trappole, un po’ perché i nidi non dovevano essere moltissimi, non abbiamo perso neppure una famiglia, siamo riusciti ad “invernarle”, ancora abbastanza forti e a febbraio 2014 le famiglie erano tutte sane e con bellissima covata. Abbiamo aggiunto i melari e le api hanno importato miele, poi abbiamo deciso di lasciarlo quasi tutto a loro perché sapevamo che non appena le velutine si sarebbero presentate, le api avrebbero smesso di uscire a bottinare. E infatti, soprattutto da luglio in avanti, è stata una strage. Le api fortemente stressate non uscivano più dalle arnie, quelle poche coraggiose che osavano avventurarsi fuori venivano catturate al loro rientro. Le velutine, ormai spavalde, non perdevano neppure più tempo a massacrarle in luoghi un po’ riparati (lo scorso anno se le portavano sulle fronde dell’ulivo di fronte), quest’anno lo facevano direttamente ai piedi degli alveari. Davanti agli alveari, sotto, dietro, ai lati, sempre e solo velutine. Le trappole messe negli apiari erano sempre piene di esemplari, da sola non riuscivo neppure più a conteggiarle e così ogni settimana veniva la studentessa del Disafa, Michela Capello, ad aiutarmi. Ma le trappole servono solo ad alleggerire leggermente la pressione, togliamoci dalla testa che siano risolutive. Dal 7 agosto al 20 settembre abbiamo catturato 4307 velutine, tantissime penserete voi, in poco più di un mese e mezzo; eppure non è servito a nulla, tante ne catturavi, tante ne arrivavano. Perché bisogna capire che non è tanto il numero di velutine che vola davanti agli alveari che conta, ma quante catture al minuto fa la velutina. Osservando davanti a un alveare 15 catture in 10 minuti, si fa presto ad occhio a fare due conti ... Difficilissimo, se non impossibile, tentare di aprire gli alveari per visitarli, si scatenava l’inferno. Questo non è più fare apicoltura... è lotta. E così, una a una, le famiglie hanno cominciato a collassare… prima Maya, poi Sonny, poi Pina, poi le altre e l’ultima…Terminator. Le avevamo dato questo nome perché era la famiglia più pestifera di tutte. Ogni volta che la visitavi ne uscivi punto ma era anche quella che “soffocava” più crabro di tutte. Ed era quindi quella che speravamo potesse imparare a difendersi anche dalle velutine o almeno che tentasse di farlo… Invece neppure lei ha retto e nemmeno io, perché quando l’ho vista vuota mi sono inginocchiata davanti all’arnia, l’ho abbracciata e ho pianto, come una madre piange sulla bara del figlio del morto. Pensavo... «Anche tu Terminator che eri la più eroica non ce l’hai fatta...» e continuavo a piangere... per rabbia, per impotenza, per frustrazione e per stanchezza fisica e morale. Confesso che molte volte sono stata tentata di arrendermi ma poi ho riflettuto che c’è ancora molto lavoro da fare e che questa volta è l’uomo a dover aiutare le api. Da sempre sono loro che ci hanno dato tanto e noi ci siamo limitati a prendere. Adesso dobbiamo ricambiare. Fino ad ora i nidi segnalati sono stati tutti trovati dall’uomo e sempre dall’uomo distrutti. Ma non si arriva a trovarli tutti. Quando hanno eliminato quelli intorno al mio apiario ero molto felice e il giorno stesso sono andata a controllare la situazione davanti agli alveari, illusa di trovare molte meno velutine. è stato un duro colpo constatare quante ancora ce ne fossero e vedendo che ancora molte lottavano fra di loro, ho dedotto che nei dintorni ci fossero ancora almeno 2 nidi. Inutile dire che ho provato a cercarli, invano … Allora ecco perché spero fermamente nella riuscita del radar entomologico per l’individuazione dei nidi, un progetto del Disafa e del Politecnico di Torino, finanziato dalla Regione Piemonte con fondi del Regolamento CE 1234/2007. Qualcuno dice che il radar non funzionerà, io dico che intanto, per ora, non ci sono alternative e che comunque, se non proviamo non possiamo sapere. Individuare il nido e poi distruggerlo è il solo modo che abbiamo per poter arrivare a fare contenimento, perché, a mio modesto parere, di eradicare in maniera definitiva, possiamo pure scordarcelo. Siamo alla metà di dicembre, le velutine girano ancora in apiario ed entrano sia nelle arnie vuote che negli alveari dove ci sono ancora api, alla ricerca di miele. Siamo rimasti con 6 famiglie, piccole e deboli, e solo a febbraio potrò dirvi se qualcuna è sopravvissuta. Per concludere, cari colleghi, posso solo consigliarvi di fare monitoraggio, controllare sempre il contenuto delle trappole-bottiglie, segnalare calabroni o anche solo insetti sospetti e tenervi sempre informati ed aggiornati. La V. velutina si espanderà in volo, molto probabilmente sulla costa, ma considerato che può viaggiare da clandestina su qualsiasi mezzo di trasporto, ricordatevi che nessuna regione italiana potrà considerarsi esentata dal problema. E incrociamo tutti le dita... |
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![]() Scritto in data 04/02/2015 da Sonia Allavena e Fabrizio Valdolivi |
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