UN COLPO AL MIELE |
di Raffaele Cirone |
![]() per quanto concerne i tenori massimi di piombo in taluni prodotti alimentari”. La novità: il miele entra nella lista degli alimenti per i quali diventa obbligatorio rispettare i valori di metalli pesanti. L’aggiornamento voluto da Bruxelles troverebbe fondamento nel parere dell’Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA), che vede un rischio per gli effetti nocivi che il piombo può avere sulla popolazione. Per il miele, inoltre, si rilevano alti e irregolari livelli di piombo che provocano comportamenti difformi tra Stati membri, situazione che può compromettere il buon funzionamento del mercato comune. Per il bene della nostra salute e del libero scambio, dice insomma il Legislatore europeo, è opportuno inserire il miele tra i prodotti alimentari per i quali è obbligatorio rispettare un tenore massimo di piombo: 0,10 mg/kg. Il miele prodotto nel 2016, ecco il primo punto dolente di tutta questa vicenda, per essere commercializzato con tranquillità dovrà essere preventivamente analizzato. Il che, tanto per cambiare, si tradurrà in un nuovo costo a carico dell’Apicoltore. Le Autorità degli Stati membri hanno infatti il dovere di far rispettare i parametri fissati (ma non quello di dire agli ignari produttori come e cosa fare per prevenire o ridurre il rischio di contaminazione e di sanzione!). C’è una seconda nota dolente: l’Unione europea non sa o non dice se le contaminazioni del miele sono originarie (ambientali), primarie (in fase di produzione) o secondarie (in fase di trasformazione). Sarebbe dunque stato corretto stabilire in che misura le une e le altre incidono e interagiscono tra loro, magari valutando dati statistici prima di fissare il limite massimo di piombo nel miele. E per il prodotto extra-comunitario come la mettiamo, visto quel poco che viene sottoposto a controlli? In queste condizioni la confusione regnerà presto sovrana. Ecco perché ci sentiamo di proporre intanto che tutte le analisi sui residui di piombo, fatte a vario titolo dagli anni ’90 ad oggi, confluiscano in una banca dati (italiana, o meglio ancora europea) che aiuti a comprendere un fenomeno complesso prima che il suo peso, è proprio il caso di dirlo, si scarichi solo sulle spalle dei produttori. In attesa di chiarire fino a che punto vi siano responsabilità e a carico di chi, appare intanto urgente una deroga temporale o una rimodulazione del valore massimo dei residui di piombo. Diversamente, assisteremmo presto ad una caccia alle streghe che rischia di danneggiare ingiustamente l’immagine del miele e dell’Apicoltore. L’Italia - Paese che vanta ricchi assortimenti botanici ed elevati standard qualitativi del proprio miele - ha ora il dovere di far correggere il tiro, prima che un tale colpo diventi letale per tutta la filiera apistica, nazionale ed europea. |
Raffaele Cirone |
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