• Giovanni Senatore |
A contatto con la natura con maestra Ape |
di Massimo Ilari & Alessandro Tarquinio |
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CARTA DI IDENTITÁ |
nome |
Giovanni |
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cognome |
Senatore |
età |
46 |
regione |
Campania |
provincia |
SA |
comune |
Cava dei Tirreni |
nome azienda |
La Bottega delle Api |
inizio attività |
1994 |
arnie |
300 |
apicoltura |
Nomade e Stanziale |
tipo di api |
Apis Mellifera Ligustica
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tipo di miele |
Agrumi
Castagno
Eucalipto
Acacia
Ciliegio
Corbezzolo
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miele prodotto |
120 quintali/anno |
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• L'Intervista |
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Come ha iniziato l'attività di apicoltore? |
E’ tutto cominciato per caso. Vedete, io pratico apicoltura da 30 anni ma l’ho fatto sempre per hobby avendo due o tre alveari. Un giorno mi trovavo in montagna con un mio carissimo amico, Francesco Apicella (a destra nella foto qui a lato), alla ricerca di funghi, ma non ne trovammo neanche uno e allora mi misi a parlare di apicoltura. Così trasmisi la mia passione per le api anche all’amico Francesco. Galeotto fu il fungo: da quel giorno pure lui iniziò ad interessarsi di apicoltura frequentando dei corsi, come già avevo fatto io in precedenza. Insieme, così, abbiamo pensato d’iniziare questo percorso comune con 4 alveari, che poi sono diventati 8, poi 16 sino ad arrivare agli attuali 300. A questo punto ci siamo fermati, perché la nostra filosofia non è di averne 2000 o 3000 ma di seguirne un numero che sia a misura del nostro tempo e delle nostre possibilità, in modo da poterle condurre bene.
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Dunque l’unico parametro non è la produttività ? |
Assolutamente no. Certamente la produttività e la quantità sono parametri importanti, ma il mestiere di Apicoltore ci ha insegnato che si può svolgere tutto il lavoro in modo impeccabile e prepararsi ad una fioritura per poi, alla fine, raccogliere poco o niente.
Ci spieghi meglio?
Vedete l’apicoltura è un po’ come la pesca. Quando si va a pesca si buttano le reti e quando le ritiri in superficie puoi aver raccolto cento o dieci o uno. Il segreto è che quando raccogli cento devi essere in grado di poter risparmiare per quando raccogli dieci e viceversa.
L’insegnamento? Occorre essere il più equilibrati possibile e avere in mente che il nostro è un lavoro difficile.
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Come ha iniziato l'attività di apicoltore? |
La nostra idea iniziale si è rafforzata a Piacenza, nello specifico ad Apimell, dove eravamo andati per seguire l’annuale Fiera del miele e delle attrezzature. Durante un convegno abbiamo ascoltato con interesse il Professor Mauro Pinzauti, entomologo dell’Università di Pisa e il suo assistente dottor Antonio Felicioli. In quella occasione i due ricercatori invitarono i giovani presenti a praticare l’apicoltura. Nello specifico ci colpì un concetto: “l’apicoltura oggi è un modo diverso per andare contro corrente, perché questo è un mestiere molto particolare. In natura sono state eliminate le farfalle, i bombi, le api selvatiche mentre l’unica possibilità che ci può essere per molte essenze vegetali, anche spontanee, per la riproduzione è l’ape. Infatti l’ape fa impollinazione per l’ottanta per cento e assicura un futuro alla terra”. Per noi fu come essere folgorati sulla via di Damasco, come accadde a Paolo di Tarso. Da allora ci siamo sempre più coinvinti di intraprendere questo percorso anche per il bene della natura, dell’uomo e del Pianeta. Ci è scattata dentro una vera e propria passione.
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Cosa vuol dire avere una passione per l'ape?
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Significa preoccuparsi di tutto quello che ci circonda. E’ come sentirsi parte di una catena che abbiamo intorno e di cui oggi non ci accorgiamo più e invece dobbiamo stare attenti a non intaccarla altrimenti l’ambiente rischia di diventare un deserto. Non vorrei farmi promotore di una ideologia estremistica ma nella vita andrebbe sempre ricercato un mestiere eco-compatibile come quello dell’Apicoltore. La ragione è semplice, le api sono le prime sentinelle ambientali. Porto un esempio: se un contadino esegue un trattamento su un albero in fiore, le prime a subirne le conseguenze sono le api che riescono a tollerare una quantità minima di veleno rispetto a noi. Quindi se muoiono le api dobbiamo occuparci di quello che succede nel nostro habitat.
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Quindi potremmo affermare senza ombra di dubbio che l’apicoltura è antitetica a un sistema produttivo basato sull’intensivo?
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E sì, chi fa apicoltura oggi, biologica e no, si pone contro la filiera che ha abituato il consumatore all’«uguale». Questa è proprio una delle cose più difficili da far capire. I più, al giorno d’oggi, sono abituati all’uguale e noi sprechiamo molto fiato per far capire che l’uguale in natura e in apicoltura non può esistere, perché uguale non solo può essere assimilato ad industriale ma anche a prodotto che in molti casi è un ricettacolo di sostanze chimiche.
Scendo più nel dettaglio. I nostri mieli monoflora non sono mai uguali: se prendiamo due apiari dislocati nella stessa zona, ma che si trovano a una distanza di tre chilometri l’uno dall’altro, ci si accorge che l’acacia prodotta è molto diversa. Ciò è sempre in relazione alla posizione territoriale e al tipo di fioritura. Insomma, la diversità è un pregio non certo un difetto.
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Che difficoltà si incontrano nella sua zona? |
La difficoltà più importante in cui ci stiamo imbattendo negli ultimi anni è l’ignoranza che le persone hanno riguardo alle api. Ci sono ancora molti contadini che ci chiamano perché pensano che le api vanno a mangiare la loro uva e che distruggono i raccolti di frutta. Ecco un caso emblematico che mostra come si dovrebbe fare maggiore informazione sul mondo dell’ape: le api non bucano l’acino ma lo asciugano. In realtà per l’ennesima volta rendono un altro servizio positivo. E ne spiego la ragione. Se un acino si è rotto per qualsivoglia motivo, le api asciugandolo evitano che gli altri acini che sono attorno marciscano. Il problema è che i contadini vedendo le api sugli acini pensano che la causa delle rotture siano da addebitare a loro. Un altro problema è l’aumento demografico che c’è in zona, dovuto alle costruzioni abusive che ormai sono presenti anche sulle pendici delle montagne. Ciò costringe noi Apicoltori a salire sempre più in alto. Non a caso quest’anno abbiamo avuto dei problemi su due postazioni che avevano nelle vicinanze case abusive, corredate di piscine. Le api, naturalmente, nel periodo secco ci ronzavano intorno per dissetarsi e così davano fastidio a chi faceva il bagno. Da considerare, poi, che veniva spacciato per api tutto quello che volava, tipo vespe, bombi. Allora siamo stati costretti a salire sempre più in alto e a non farci vedere perché se veniamo individuati con gli alveari e con la maschera da Apicoltore sorgono inevitabilmente dei problemi. La cosa che non capiscono queste persone è che se stanno in montagna e non ci sono né api, né bombi, né farfalle, vuol dire che stanno vivendo sulla luna e non sulla terra.
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Problemi nella commercializzazione? |
Il problema secondo noi è legato sempre all’ignoranza che si ha nei confronti dell’alveare. Riscontriamo che i consumatori non capiscono che un miele cristallizza naturalmente e questo fattore non è indice di un prodotto scadente o arricchito con lo zucchero. Un altro grande problema è che nella zona si trova molto miele a basso costo e spesso venduto senza etichetta: sicuramente è miele d’importazione di cui non si conosce la provenienza e l’origine botanica. Dunque, di fronte ad un consumatore che ritiene il miele tutto uguale, sorgono grandi problemi per chi è impegnato sul fronte dell’alta qualità. Devo dire che tutti coloro che hanno l’occasione di avvicinarsi alla “Bottega delle Api”, conoscendo prima bene le persone che ci lavorano e poi il prodotto, capiscono finalmente qual è la differenza tra due diversi mieli. Questo perché riusciamo a trasmettergli un po’ di cultura sul prodotto e sul mondo delle api. Una delle cose più importanti è far conoscere questo splendido alimento informando i consumatori attraverso giornali, televisioni e campagne che lo valorizzino.
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Pratica il nomadismo? |
Noi facciamo quasi esclusivamente nomadismo. Come ho già detto non serve avere 2000 alveari, ne bastano 300, purché si sappia spostarli sulle fioriture in maniera ottimale. E c’è dell’altro. Bisogna conoscere bene i periodi delle fioriture per trovare le postazioni giuste e aspettare il momento ad hoc.
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Un Apicoltore deve essere anche un esperto botanico?
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Senz’altro. Per fare l’Apicoltore occorre conoscere a fondo le piante. E lo dimostra il fatto che noi, nei primi tempi di attività, siamo incorsi in una incredibile gaffe. Non ho vergogna a richiamarlo alla memoria perché solo chi non lavora è esente da sbagli. E racconto il fatto. Una volta siamo andati sicuri a bottinare l’eucalipto in una zona del Cilento in cui era particolarmente presente. Un unico neo: in quell’area dominava, dal punto di vista botanico, l’eucalipto che fiorisce ad ottobre e non a luglio, come serviva a noi. E’ andata a finire che per il grosso sbaglio che abbiamo preso non siamo riusciti a produrre neanche una goccia di miele.
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Come lotta contro la varroa? |
Noi trattiamo gli alveari solo con sostanze naturali o con sostanze ammesse dall’apicoltura biologica. Qualche anno fa, quando avevamo pochi alveari, abbiamo provato di tutto, anche il metodo Campero. Così abbiamo inserito nell’alveare il telaino indicatore con i tre settori e abbiamo eliminato un settore per settimana. Contavamo addirittura le varroe che erano presenti nelle celle maschili, e ci divertivamo a sperimentare queste tecniche. Ora con 300 alveari sarebbe impossibile.
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Cosa funziona nel mondo apistico? |
Nella nostra zona il problema siamo proprio noi Apicoltori che di fatto non facciamo funzionare il mondo apistico. A farla da padrone è l’egoismo, ognuno è convinto di far meglio dell’altro e allora si fa apicoltura da soli senza confrontarsi o dialogare. E’ un grosso sbaglio, perché se tutti noi riuscissimo a fare apicoltura in modo non egoistico, collaborando con gli altri colleghi, avremmo a disposizione delle possibilità infinite per migliorare, aiutarci e ottenere quei risultati che altrimenti, da soli, non riusciremmo mai a realizzare. Vi porto un esempio. Quest’anno insieme ad altri due Apicoltori della zona abbiamo fatto una cosa che giudichiamo molto positiva. Abbiamo deciso di partire insieme, con due camion, noi con le nostre api e loro con le loro, e abbiamo scaricato, sempre insieme, gli alveari e poi abbiamo preso i melari in collaborazione; tutto ciò con un risparmio di tempo e di schiena perché fare il nomadismo in 5 o 6 persone è molto più semplice e meno faticoso.
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In pratica l’apicoltura è un esempio di cooperativismo?
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Certo, l’apicoltura vuol dire cooperare: del resto le api lo mostrano ogni giorno. Se riuscissimo, guardando le api, ad imparare da loro e a rapportarci con il mondo esterno con questa forma di cooperativismo, potremmo migliorare l’apicoltura. L’imperativo è di migliorare anche il rapporto con le api: se un raccolto va male l’Apicoltore deve pensare ad aiutarle per far si che non muoiano. Troppi pensano solo a depredarle del poco raccolto.
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Cosa non funziona nel mondo apistico? |
Il mondo apistico funzionerebbe sicuramente molto bene se ci fosse maggiore collaborazione tra Apicoltori e tutti facessero il loro mestiere con amore, con tanta passione e con il necessario supporto all’Associazione apistica di zona.
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Ci racconti un episodio particolare legato alla sua attività.
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Uno degli episodi che mi hanno colpito, c’entra poco con l’apicoltura, è capitato insieme al mio amico e socio Francesco Apicella. Ci trovavamo ad Agropoli, era il mese di agosto, e stavamo spostando gli alveari, di notte, da una postazione all’altra. Eravamo totalmente presi dal lavoro e immersi nella natura. Improvvisamente si fece notte, e allora decidemmo di dormire sul posto, tra gli alveari, insieme alle api. Ad un certo punto, come per incanto, in una conca naturale, apparve ai nostri occhi uno spettacolo incredibile: uno sciame di lucciole numerosissimo, erano le due di notte, trasformò il buio profondo nello splendore del mezzogiorno.
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Utilizza particolari tecniche per migliorare il lavoro in apiario?
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Non ci sono tecniche standard in apicoltura perché di anno in anno bisogna valutare gli interventi del caso e adattarsi. Un Apicoltore deve essere particolarmente sensibile, non dico che si debba arrivare a ragionare alla stregua di un’ape, è praticamente impossibile, ma bisogna cercare di adattarsi a loro e capirle. Vi racconto un altro fatto. Quest’anno nella nostra zona ha fatto molto freddo e di conseguenza la fioritura è slittata di una settimana, ergo siamo stati costretti a comportarci in modo diverso dall’anno precedente. Una curiosità. Quando a un Apicoltore capita di avere la tarma della cera all’interno dei telaini, di norma questi vanno irrimediabilmente eliminati. A volte però noi offriamo un pasto gratuito ai nostri galletti che sono molto golosi di tarme: in un attimo ripuliscono perfettamente i telaini. Beninteso, non si tratta di una tecnica.
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Cosa rappresentano le Api per lei? |
Sono un modo per andare controcorrente e attuare un percorso inverso a quello che si tende normalmente a fare. Oggi siamo abituati a vivere in un ambiente sterile, più pulito, dove non ci sono insetti, dove non ci sono farfalle e magari anche piante. Le api, invece, mettono in scena un modo di vivere il più possibile al contatto con la natura e con i suoi ritmi. Secondo me il futuro dell’ambiente è l’ape ed è per questo che abbiamo scelto di fare apicoltura. |
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Aspettative future della sua attività? |
Noi non siamo e non vogliamo trasformarci in persone ambiziose che tendono a fare 20 poi 100 poi 200. Vorremmo semplicemente riuscire a sopravvivere con il nostro lavoro e con il prezioso lavoro delle api, non vogliamo arrivare chi sa dove ma soltanto vivere con le api senza eccessi e senza difetti.
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• Le immagini di questa intervista (click per visualizzare) |
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