Speciale Apicoltori - n. 619, febbraio 2012
Gli uomini dell'Apicoltura in Italia
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 • Matteo Finelli
Sogno un dolce futuro per le api
di Roberto Grillini
 
 CARTA DI IDENTITÁ
 nome  Matteo
 cognome  Finelli
 età  28
 regione  Emilia-Romagna
 provincia  BO
 comune  Bologna
 nome azienda  Finelli Apicoltura
inizio attività  2004
arnie  500
 apicoltura  Stanziale
tipo di api  Apis Mellifera Ligustica
 tipo di miele  Acacia
Tiglio
Castagno
Millefiori
 miele prodotto  80 quintali/anno
 
 • L'Intervista
 
Che tipo di apicoltura o allevamento praticate e quali sono gli scopi?
E’ di tipo stanziale ed è incentrata sulla produzione e vendita di nuclei, di api regine, di pappa reale e di miele. Il nostro lavoro consiste nello spezzare le famiglie invernate nelle arnie da 10 telai e cominciare a vendere i nuclei creati, indicativamente, per metà aprile. Nello stesso momento cominciamo ad allevare regine con circa 400 nuclei da fecondazione e, senza effettuare soste estive, riusciamo a protrarre la produzione fino al termine di Settembre, quando riuniamo i nuclei, per invernarli. Da metà maggio a inizio agosto produciamo pappa reale nell’apiario della sede aziendale e, infine, senza fare alcun nomadismo, produciamo i mieli tipici della nostra zona. In particolar modo, il millefiori estivo quando, se la stagione lo consente, le famiglie spezzate per la vendita dei nuclei sono tornate in forze per produrre miele.
 
La data di fondazione? Chi e come ha iniziato?
Nel 1976 mio padre cominciò ad allevare 2 famiglie di api, per divertimento, nell’Appennino bolognese. Nel giro di pochi anni, le api divennero una grande passione e cominciò a produrre regine per sé e per qualche amico, crescendo gradualmente con il passare del tempo, sia numericamente che professionalmente, pur mantenendo un altro mestiere. Nel 2004, a 21 anni, presi la decisione di intraprendere questa attività e con il suo aiuto oggi alleviamo circa 400 famiglie e 100 nuclei invernati che, in stagione, diventano 400 nuclei da regina.
 
Quali i motivi che l’hanno portata a scegliere l’apicoltura e che cosa rappresentano per lei le api?
Dal 2002 al 2004 ho svolto il mestiere per cui avevo studiato, il metalmeccanico. Però, c’è da dire che non mi ha mai appassionato. L’idea di poter fare qualcosa di piacevole per vivere mi aveva sempre stuzzicato e il vedere mio padre divertirsi con quella sua strana passione mi fornì la spinta al cambiamento. Con l’incoscienza di un ventenne, a primavera 2004, mi licenziai per frequentare un corso di produzione di pappa reale organizzato dal Copait. La settimana successiva al corso andai nell’azienda di Pasini, in Maremma, per vedere dal vivo tutte le lavorazioni di questa produzione e, restando in azienda per una settimana, riuscii a vedere molte altre cose. Questa brevissima esperienza mi è servita tantissimo, perché mi ha fatto capire, da subito, che con l’aiuto di mio padre avremmo potuto ampliare l’allevamento e farlo diventare la mia professione. Per me oggi le api rappresentano prima di tutto una grande passione, poi il mestiere che mi dà da vivere. Senza la passione non si può praticare questo lavoro.
 
Trova difficoltà nella commercializzazione?
Per quanto riguarda la commercializzazione dei prodotti in questi anni, crescendo gradualmente e cercando di non fare mai il passo più lungo della gamba, non abbiamo incontrato difficoltà. Per quello che riguarda il miele mi sono affidato al Conapi. La vendita diretta o i mercatini non sono propriamente la mia passione, preferisco di gran lunga stare a contatto con le api. Per i nuclei e le regine, il passaparola, il sito internet e l’impegno che mettiamo per fornire prodotti di qualità, per il momento, ci hanno consentito di vendere tutto quello che abbiamo a disposizione. La pappa reale è, invece, commercializzata, per lo più, ad altri apicoltori che non la producono.
 
Usa particolari tecniche di allevamento?
Le tecniche sono quelle tradizionali delle nostre zone, riviste e riadattate dopo anni di conoscenze e scambi di esperienze con amici e colleghi. Come già detto utilizziamo, in prevalenza, arnie da 10 telai per avere sempre la possibilità di far crescere le famiglie e, se necessario, poter mettere il melario. I cassettini di polistirolo sono usati per la formazione e il trasporto dei nuclei destinati alla vendita. Per quello che riguarda l’allevamento delle regine ricorriamo alle tecniche impiegate dagli storici allevatori che ci hanno preceduto nelle nostre terre quali Tortora, Penna e Dalbagno.
 
Ci può descrivere le arniette usate per l’allevamento delle api regine?
I nuclei da fecondazione sono composti da 4 mezzi telaini da nido DB. Usiamo cassettini di legno o di polistirolo, nei quali sono alloggiati 3 nuclei ognuno. Impieghiamo anche, in un campo di fecondazione, nuclei composti da 4 mezzi telaini da melario. Questi tipi di nuclei ci consentono, riunendoli a fine stagione, di invernare un centinaio di famigliole da cui far ripartire l’allevamento a primavera.
 
Per l’allevamento delle api regine incontra problemi con il vorace gruccione o altri nemici naturali delle api?
In certi periodi di stagione notiamo la presenza solamente dei gruccioni che, però, finora non ci hanno creato particolari problemi.
 
Come lotta contro la varroa e gli altri nemici degli alveari?
Per quello che riguarda la peste americana e altre analoghe malattie della covata, l’unico metodo ammesso in azienda è la soppressione della famiglia e la sterilizzazione con raggi gamma. Operando in questa maniera, mediamente, troviamo problemi al massimo nel 2% degli alveari, meno di 10 l’anno. Per quanto riguarda la varroa, invece, dobbiamo intervenire almeno 2 volte l’anno. Il primo trattamento è effettuato, a seconda della situazione delle famiglie e della posizione degli apiari, in genere, tra la fine di luglio e la metà di agosto. I prodotti che troviamo in commercio possono essere di sintesi o organici, secondo gli anni e soprattutto secondo i livelli di infestazione: possono andare meglio o peggio e, dunque, ci regoliamo di riflesso. Siamo consapevoli dei limiti dei prodotti a disposizione e ogni fine stagione è chiaro che l’apicoltore, con le sue scelte operative, diventa decisivo per la sopravvivenza delle proprie api. Il secondo e fondamentale trattamento viene fatto in autunno/inverno con acido ossalico gocciolato. Controlliamo che le famiglie siano senza covata e poi interveniamo. A seconda della posizione e della stagione, può avvenire tra l’inizio di Novembre e la fine di Dicembre. Non ci sono più calendari per i trattamenti e non ci si può permettere assenze estive. In quei giorni tutto deve essere il più possibile sotto controllo, per poter intervenire nel momento più adeguato su tutte le colonie. Basta tardare una settimana per avere risultati disastrosi. Sicuramente, sia per il discorso peste che per il discorso varroa, la pratica di rinnovare annualmente gran parte della cera presente nelle famiglie, allevia un poco il lavoro di fine stagione e consente di lavorare un po’ più tranquilli, ma non bisogna mai abbassare la guardia.
 
Che cosa non funziona in apicoltura?
Purtroppo il nostro comparto è economicamente debole e non invoglia chi di dovere a investire denaro, risorse e tempo per studiare e cercare di risolvere i nostri problemi. Quello che viene fatto al momento è importantissimo ma non sufficiente. Abbiamo tantissimo ancora da imparare su questi animali e sulle loro patologie.
 
Che cosa si aspetta dal futuro?
Quello che mi aspetto, o che più realisticamente sogno a occhi aperti, è una agricoltura sana e rispettosa dell’ambiente. Sogno che siano rispettati tutti quegli insetti utili tra cui al primo posto le nostre api che negli ultimi anni hanno faticato a sopravvivere in posti dove risiedono da millenni, come sempre per nostra colpa. Mi aspetto leggi semplici fatte su misura per l’apicoltura e non generalizzate a qualsiasi allevamento, ben differente dal nostro. Mi aspetto metodi di lotta alla varroa puliti, molto efficaci e comodi per tutti. Forse mi aspetto un po’ troppo per il futuro ma è sempre meglio esagerare, chissà che una minima parte dei desideri non vada a buon fine…
 
 
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Matteo Finelli
 
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