• Sergio D'Agostino |
Dalle navi agli alveari |
di Massimo Ilari, Alessandro Tarquinio |
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CARTA DI IDENTITÁ |
nome |
Sergio |
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cognome |
D'Agostino |
età |
57 |
regione |
Toscana |
provincia |
PI |
comune |
Cascina |
nome azienda |
La Mieleria |
inizio attività |
1991 |
arnie |
150 |
apicoltura |
Stanziale |
tipo di api |
Apis Mellifera Ligustica
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tipo di miele |
Millefiori
Girasole
Sulla
Acacia
Castagno
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miele prodotto |
40 quintali/anno |
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• L'Intervista |
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Come ha iniziato l'attività di apicoltore? |
Per caso. Come molti, in famiglia, tenevamo nell’orto di casa polli e conigli per autoconsumo. Noi, in più, avevamo due/tre arnie che gestivo con mio padre. Hobbisti allo stato puro.
La gestione da parte mia era determinata dai turni di riposo dopo ogni imbarco. In realtà, in quel periodo io svolgevo un altro lavoro. Dopo cinque anni come Ufficiale della Marina Militare transitai nella Mercantile.
A ventotto anni conseguii il brevetto di Capitano, diventando Direttore sulle petroliere.
Il lavoro era ottimo ed anche i turni (tre mesi a bordo e un mese e mezzo a casa); ma era anche sfibrante e dopo quattordici anni incominciavo a sentirne il peso.
La molla che fece scattare la volontà di cambiare fu determinata da tre fattori: mia moglie Rossana si stava per laureare alla Facoltà di Agraria; l’imminente nascita di nostra figlia Elisa e l’involontaria esplosione apistica che si verificò nel nostro piccolo apiario (la varroa era ancora un soggetto semisconosciuto).
Di colpo ci ritrovammo con 15 alveari e una notevole produzione di miele. La decisione fu rapida.
Avevo dei “magazzini” che in brevissimo tempo trasformai in Mieleria e per questo devo dir grazie ai dottori Veterinari della ASL 5 di Pisa che mi seguirono in tutte le fasi della realizzazione del progetto.
Il 24 Settembre 1991 iniziammo ufficialmente l’attività. |
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Per quali motivi ha scelto questa strada? |
In questi anni mi sono sentito rivolgere spesso la domanda e ad onor del vero devo dire che sono sempre riuscito a contenere la nostalgia per il mare, ma l’amore per la mia famiglia e la sfida per realizzare qualcosa di unico e veramente mio - l’apicoltura - sono stati più forti. |
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Che cosa vuol dire avere una passione per l’Ape? |
L’ape, nel suo genere, è un soggetto unico. Insegna armonia, unione e rispetto del territorio. E se “mangi” questa filosofia le api non le lasci più. Tutto ciò non me le farà mai trascurare. E c’è dell’altro. Provate ad abbandonare per un anno intero un apiario.
E’ certo che al momento del vostro ritorno troverete poco o nulla. L’ape ha bisogno costante di cure e attenzioni.
Se si asseconda la sua natura, creando giorno per giorno i presupposti affinché possa svilupparsi in armonia con il territorio, può dare tante soddisfazioni anche sul prodotto finale: il miele.
Arrivare a portarle a produzione e, a seguire, immettere sul mercato un prodotto di qualità, rispettando i dettami delle leggi vigenti, realizzando un marchio proprio, è un ulteriore segno di passione. |
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Quali sono le difficoltà che si incontrano nella sua zona? |
Da questo punto di vista mi ritengo fortunato. Ho partecipato a diverse sperimentazioni per il controllo dell’inquinamento ambientale da parte delle Agenzie regionali e i risultati sono stati soddisfacenti.
La difficoltà che più ricordo? Facile, l’ho avuta nel farmi accettare dai vecchi apicoltori che vedevano in negativo le novità che portavo, ma con pazienza e costanza sono riuscito a far capire che i cambiamenti non sono sempre negativi. Le forti accellerazioni che la società ci ha imposto - da considerare in primis le nuove regole - vanno viste come un’opportunità. Solo una mente ottusa, che opera per miseri interessi di bottega, tenta di mantenere, costi quel che costi, lo status quo. Chi non capisce che le cose cambiano velocemente e bisogna essere flessibili è destinato a soccombere. Molti dei vecchi apicoltori non ci sono più e mi mancano. Mi manca molta della loro esperienza che è andata persa così i giovani che si affacciano a questo lavoro incontrano sempre maggiori difficoltà.
Oggi, iniziare l’attività di apicoltore per trarne un reddito onorevole richiede grossi investimenti. La burocrazia è lenta e spesso non dà risposte adeguate. I finanziamenti dovrebbero servire unicamente per creare posti di lavoro e non per alimentare lo stipendio a burocrati improvvisati che ben poco hanno a che vedere con l’Apicoltura. |
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Che problemi pone la commercializzazione? |
Nella nostra Azienda non abbiamo problemi. Rispettiamo le regole del Codice Alimentare e le leggi vigenti.
I nostri clienti “sentono” tutto ciò.
Rispettiamo la fiducia che ci accordano e rispondiamo puntualmente alle loro domande. Anche in questo la società è cambiata.
Il consumatore è sempre più attento. Se si tenta di ingannarlo lo si perde. |
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Pratica il nomadismo? |
Per un periodo - cinque anni - con Enrico Gualdani, un collega apicoltore, abbiamo condotto diversi apiari sul Gargano, in Puglia. E stata una esperienza bellissima e indimenticabile. C’è, poi, da dire che da lui ho appreso moltissimo. Se oggi sono arrivato ad aver acquisito una buona esperienza un larga parte lo devo proprio a Gualdani. |
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Un Apicoltore deve essere anche un esperto botanico?
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Non solo, deve saper sentire il tempo. Io ho la fortuna di avere mia moglie che è agronomo e da questo punto di vista tutto è più facile.
Così, oltre all’Erboristeria, dove vendiamo i nostri prodotti, disponiamo di un Laboratorio di analisi. Oltre che la nostra Azienda, svolgiamo servizi di analisi melissopalinologiche per il settore.
E’ in pratica, un approccio a 360 gradi che permette di avere un’idea completa dell’intero comparto.
Ciò premesso, non nascondo che con le api c’è sempre da imparare. |
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Che tipo di apicoltura pratica? |
Gli elevati costi per la gestione di mezzi e i costi esorbitanti per il carburante mi hanno portato ad avere postazioni fisse. |
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Che cosa direbbe agli apicoltori che usano antibiotici? |
Di non utilizzarli.
Le leggi attuali lo vietano e se si è scoperti nel seguire questa pratica sono dolori!
La risposta, però, dovrebbe essere più articolata.
Per quanto mi riguarda, sono allergico agli antibiotici, ma quando fu necessario assumerli mi salvarono la vita.
In quel caso, avrebbero dovuto bruciarmi, come si dice agli apicoltori di fare per gli alveari?
E’ giunto il momento di avere a disposizione diversi strumenti legislativi che tengano conto dei cambiamenti.
Occorre darsi una mossa. Il problema sta pure in noi apicoltori visto che non siamo ancora in grado di far comprendere le nostre necessità: avere a disposizione farmaci sicuri e garantiti per fronteggiare le diverse patologie che affliggono, sempre più, i nostri alveari. |
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Se continua cosi l’apicoltura italiana rischia di chiudere? |
Le arnie che impiego sono con il fondo “antivarroa”, e in tutte tengo fisso il nutritore a tasca che, all’occorrenza, adopero per comprimere le famiglie in uno spazio più ridotto.
In primavera, poi, ad iniziare dalla prima visita, avvio la sostituzione dei telaini con nuovi fogli cerei e nell’arco di un mese ne sostituisco almeno 6 su 9, nutrendo, le api, opportunamente, con sciroppo, secondo le necessità. L’ossalico gocciolato è d’obbligo. |
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Come lotta contro la varroa? |
L’inizio della primavera è un periodo critico, allora assecondo sempre la natura delle api: sono in espansione e con spazio nuovo le controllo meglio, riduco il rischio della sciamatura e mi appresto a fare sciami artificiali. Di contro, faccio lavorare le sceratrici a ritmo continuo. Il miele nei telaini è oramai indurito e salvo solo quelli che possono servirmi per la formazione di nuovi sciami. Produco meno miele? I risultati mi dicono il contrario e a fine stagione sono sempre meno le famiglie morte. Preferisco lavorare con api vive, c’è più soddisfazione. |
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Cosa non funziona nel mondo apistico? |
Noi apicoltori. Quando capiremo che sui principali problemi dovremmo far fronte unico allora le cose cambieranno. Le nostre rappresentanze devono essere qualificate, composte da gente che vive realmente in questo settore. Per quanto mi riguarda sono stanco di vedere in circolazione soggetti che non sanno minimamente cosa è il rischio di impresa. |
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Cosa funziona nel mondo apistico? |
Noi Apicoltori. La forza che ci spinge, ad ogni inizio primavera, a ripartire ha dell’incredibile. |
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Cosa rappresentano per lei le api? |
La sfida per cimentarsi con un insetto che ha la capacità di offrirci un prodotto unico (il miele) è passione allo stato puro, senza mai perdere, però, di vista l’obbiettivo di una sostanziale fonte di reddito. |
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Ci racconti un episodio particolare legato alla sua attività.
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Ci sarebbe da scrivere un libro sugli aneddoti e le curiosità raccolte, ma ci tengo a ricordare una domanda che le mie figlie mi fecero un giorno: «babbo (la Toscana è pur sempre la terra di Pinocchio) che lavoro è fare l’Apicoltore?». Che cosa risposi? Che è il terzo lavoro più bello al mondo.
«E il primo?». Cercare di essere sempre un bravo genitore.
«E il secondo?». A lei e ai lettori di Apitalia lo dirò in un’altra occasione. |
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Aspettative future della sua attività? |
Poter continuare il percorso apistico e trasmettere alle generazioni future le esperienze acquisite. Il rischio che si corre con il passare degli anni è di “incrudirsi” sulle proprie convinzioni, senza percepire i cambiamenti.
L’intelligenza è dei giovani e su di loro bisogna investire. E’ imperativo far capire agli “altri” quanto è importante ciò che noi apicoltori facciamo. Se noi apicoltori chiudiamo “bottega”, anche “loro” chiudono. Mi aspetto che tutti gli apicoltori capiscano che per andare avanti dobbiamo essere Uniti, per l’Apicoltura. |
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• Le immagini di questa intervista (click per visualizzare) |
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Sergio D'Agostino |
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