• Gualtiero Gabannini |
Con le api si resta giovani |
di Massimo Ilari e Alessandro Tarquinio |
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CARTA DI IDENTITÁ |
nome |
Gualtiero |
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cognome |
Gabannini |
età |
75 |
regione |
Marche |
provincia |
PS |
comune |
Urbania |
nome azienda |
apicoltura Gabannini |
inizio attività |
1903 |
arnie |
500 |
apicoltura |
Stanziale |
tipo di api |
Apis Mellifera Ligustica
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tipo di miele |
Acacia
Millefiori
Tiglio
Girasole
Sulla
Castagno
Agrumi
Eucalipto
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miele prodotto |
250 quintali/anno |
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• L'Intervista |
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Come ha iniziato l'attività di apicoltore? |
La nostra azienda è vicina al traguardo del secolo di vita. Siamo a 4 generazioni di apicoltori. Per noi, è naturale vivere tra le api: ci siamo cresciuti tutti “dentro”. Il mio babbo, Marino, ha iniziato per quella passione che solo chi è apicoltore può capire; quella passione che rende assolutamente naturale il proseguire il lavoro che tuo babbo ha iniziato. |
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Per quali motivi ha scelto questa strada? |
Io ho fatto anche altri lavori ma d'estate il lavoro primario sono sempre state le api. In effetti, non so se ci sia mai stato un momento in cui razionalmente mi sono chiesto: «Continuo l’attività del papà o intraprendo qualcos’altro?» Come dire, è stato naturale fare questa scelta.
Da quando il babbo Marino ha cominciato a rallentare il lavoro a causa dell’età, non ho esitato a prendere in mano tutta l’azienda: sono nato tra le api.
Negli anni ‘30 avevamo già degli apiari lontano decine di chilometri.
Era normale, allora, in estate, per noi bambini, dormire davanti l’apiario.
Avevamo il motocarro per gli spostamenti e a quel tempo si smielava sul posto.
Dietro il motocarro si portava l’attrezzatura e noi “piccoli” eravamo le braccia che facevano girare lo smielatore; eravamo la “zavorra” che si metteva davanti il manubrio per non far impennare il motocarro e che aiutava in tutto e per tutto il babbo e la mamma in questa grande passione, prima ancora che lavoro. |
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Che cosa vuol dire avere una passione per l’Ape? |
Significa pensarla come un membro della famiglia. Una passione, da accudire, da coccolare e da preservare.
Significa non pensare alla domenica, alla festa e al riposo. La prova? Quando sono stanco, d’estate, vado ancora a dormire nell’apiario che abbiamo a casa. I miei famigliari mi dicono di andare a riposare nel letto, all’ombra, ma io sto meglio vicino alle mie arnie e con il ronzio delle api. |
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Quali sono le difficoltà che si incontrano nella sua zona? |
Rispetto ad altre zone, qui da noi non ci sono grosse colture intensive. Prevalentemente il nostro territorio è costituito da piccoli appezzamenti di terreno molto differenti per coltura: è molto frammentato. Questa caratteristica comporta una produzione in termini quantitativi più bassa rispetto a zone a vocazione colturale intensiva, ma d’altra parte nel Montefeltro si produce un miele millefiori di straordinaria ricchezza. |
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Che problemi pone la commercializzazione? |
Ad oggi tanti per chi vuol fare le cose a norma di legge. Poi, siamo fortunati ad avere una clientela fissa abbastanza importante ed esigente. Il mercato “corto” è un gran vantaggio: assicura qualità e garantisce un acquisto a Km 0 che in questo periodo va tanto di moda.
E non basta. Diamo la possibilità, a chi ci viene a trovare, di entrare in laboratorio durante la smielatura e di mostrarne tutte le fasi a garanzia dell’originalità e genuinità del prodotto. Siamo, inoltre, rigorosi per quanto riguarda le prassi igieniche e i relativi registri; rigorosi nell’etichettatura e siamo, giustamente, sottoposti a controllo da parte dei non pochi organi preposti.
Poi sapete che ci sono molti “hobbisti” (nella nostra zona veramente tanti) che detengono un numero di alveari ben al di sopra del fabbisogno della propria famiglia, magari non denunciati, che smielano senza avere laboratori a norma, che vendono sotto banco e senza etichette e che non sono sottoposti a controlli di nessun genere. Credo che ciò non sia assolutamente giusto: non si possono usare due pesi e due misure.
E le mie non sono certo chiacchere.
Insieme ad altri volenterosi stiamo lavorando per ottenere il riconoscimento della DOP del “Miele del Montefeltro”, miele veramente unico sul territorio nazionale; speriamo nel riconoscimento e speriamo che serva a differenziarsi e rendere più “appetibile” il miele di chi decide di autoregolamentarsi in maniera stringente. |
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Pratica il nomadismo? |
Poco.
Abbiamo 2 postazioni in Toscana, dove produciamo miele di castagno.
Produciamo anche un po’ di miele di arancio e di eucalipto, ma si tratta di produzioni molto marginali. Le nostre postazioni sono nella stragrande parte fisse. Spostiamo, ovviamente, le api all’interno del territorio per “inseguire” le fioriture ma il territorio dove siamo ci offre la possibilità di avere fioriture in continuazione, da maggio a fine agosto, e la nostra azienda si basa principalmente su acacia e millefiori. |
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Un Apicoltore deve essere anche un esperto botanico?
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E’ indispensabile. Le competenze in questo ambito fanno la differenza. |
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Che tipo di apicoltura pratica? |
Pratichiamo l’apicoltura convenzionale. Anche se ancora non mi è molto chiara l’enorme (per qualcuno) differenza con l’apicoltura biologica. Credo che se uno lavora nel rispetto delle leggi, e soprattutto delle api, grosse differenze non ce ne siano.
A causa di un grosso problema di moria d’api, lo scorso anno abbiamo fatto denuncia alla ASUR che ha letteralmente passato al microscopio l’azienda con controlli sia sui prodotti sia in apiario. Dopo pagine e pagine di analisi chimiche di ogni tipo si è evinto che la nostra azienda viene condotta in “maniera biologica”, pur non avendone mai fatto richiesta di riconoscimento. Comunque, i consumatori chiedono la garanzia del bollino e ci stiamo attrezzando per fare una linea certificata. |
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Che cosa direbbe agli apicoltori che usano antibiotici? |
Non mi hanno mai convinto. Qualche anno fa pareva fossero la soluzione a tutti i mali dell’apicoltura. Oggi tutti sanno che gli antibiotici “mascherano” il problema della peste americana, non la combattono, e che si sta creando farmacoresistenza nell’alveare.
E’ malattia subdola che al momento non si sconfigge.
Non nascondiamoci però dietro un dito: che la peste americana ci sia in apiario è cosa che va detta apertamente come va detto apertamente che soluzioni alternative ai farmaci ed al fuoco vanno trovate.
La peste americana c’era anche decenni fa: ricordo perfettamente che già negli anni ‘70 la covata filante la si trovava qualche volta, ma problemi grossi non ne abbiamo mai trovati.
E’ con l’avvento della varroa che, credo, i problemi si siano ingigantiti. |
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Utilizza particolari tecniche per migliorare il lavoro in apiario?
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Penso che le tecniche corrette siano quelle di lavorare pensando sempre che si a che fare con dei membri della famiglia. Sono le pratiche apistiche che nella nostra azienda usiamo da decenni, mi sono state insegnate da mio padre e io le ho insegnato a mio figlio e a mio nipote che stanno lavorando con me. |
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Come lotta contro la varroa? |
Fino al 1986 possedevamo 1000 alveari. Quell’anno abbiamo perso 600 famiglie a causa della varroa e da allora, anno dopo anno, è sempre stata una lotta impari.
Credo che sia ora, ma veramente ora, che ci sia un confronto franco con tutti coloro che hanno a che fare con le api e l’apicoltura e le istituzioni centrali. Che sia giunta l’ora di uscire dal nostro piccolo guscio e dire apertamente che la situazione api/varroa va affrontata da tutti come una priorità. All’ultimo corso cui abbiamo partecipato abbiamo avuto la fortuna di parlare con i responsabili veterinari della nostra Regione.
Risultato? C’è stato un confronto estremamente franco sulla problematica varroa e gli apicoltori presenti hanno tutti chiaramente detto che la situazione attuale non è più sopportabile. Non si hanno strumenti realmente efficaci contro la varroa; poi, la questione acido ossalico/Api-Bioxal credo sia la cartina al tornasole di come il settore dell’apicoltura goda di poca attenzione da parte delle istituzioni. |
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Cosa non funziona nel mondo apistico? |
L’associazionismo che non sa dialogare e che non pone l’ape e l’apicoltura al primo posto. Le associazioni che non sono interpreti dei reali problemi di quanti mandano avanti il settore dell’apicoltura. Di quanti dovrebbero essere i rappresentanti del settore ma che, nei fatti, non lo sono. Di coloro che dovrebbero sedersi ad un tavolo a nome degli apicoltori nelle sedi istituzionali ma che non pongono i problemi dei produttori in cima alla lista delle priorità. Se la passione dell’ape e per l’ape invadesse un pochino i tavoli nei quali siamo seduti sono convinto che tutto funzionerebbe meglio. |
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Cosa funziona nel mondo apistico? |
Le api!!! La passione degli apicoltori che, nonostante tutto, vanno avanti e continuano a investire tempo, denaro e salute in un mondo nel quale credono fermamente. |
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Cosa rappresentano le Api per lei? |
La passione di una vita. Il legame che la nostra famiglia ha con il passato e ciò che, mi auguro, la proietterà nel futuro. |
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Ci racconti un episodio particolare legato alla sua attività.
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Ce ne sarebbero tanti davvero.
Alla fine del 1943 Urbino fu occupata dai nazisti. Avevamo paura che la produzione di quell’estate potesse venire rubata dai soldati tedeschi che erano soliti fare man bassa di quello che trovavano nelle case dei contadini.
Vicino casa nostra vi era un deposito dell’Aeronautica militare italiana e pensammo di prendere alcune casse di munizioni per riempirle di miele e nasconderle sottoterra.
Così facemmo.
Riempimmo varie casse con la produzione rimanente di quell’anno e, con l’aiuto dei vicini, di notte, le sotterrammo in un campo. La paura era tanta e ricordo che papà ci raccomandava di fare molto piano, per non farsi sentire dalle ronde notturne tedesche. Ricordo molta fatica che tra l’altro non servì perché, non so come, qualcuno trovò, comunque, le casse e il nostro buon miele fu rubato e mangiato da qualcuno alla faccia degli apicoltori che con tanto sudore lo avevano prodotto. |
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Aspettative future dell’attivita? |
L’azienda ha quasi 100 anni e siamo arrivati alla quarta generazione di apicoltori. Parlare della nostra azienda significa parlare della nostra famiglia.
La speranza è che questo legame duri nel tempo e sappia superare le difficoltà che, inevitabilmente, si porranno davanti. Spero che tra 100 anni i miei bisnipoti potranno essere ancora intervistati da Apitalia. |
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• Le immagini di questa intervista (click per visualizzare) |
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Gualtiero Gabannini |
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