Speciale Apicoltori - n. 597, febbraio 2010
Gli uomini dell'Apicoltura in Italia
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 • Mauro Veca
Lavorare con le api? Arricchisce di emozioni
di Massimo Ilari, Alessandro Tarquinio
 
 CARTA DI IDENTITÁ
 nome  Mauro
 cognome  Veca
 età  40
 regione  Lombardia
 provincia  MI
 comune  Milano
 nome azienda  Apicoltura Veca
inizio attività  1999
arnie  200
 apicoltura  Nomade
tipo di api  Apis Mellifera Ligustica
 tipo di miele  Acacia
Castagno
Tiglio
Erba medica
Millefiori
Melata di abete
 miele prodotto  60 quintali/anno
 
 • L'Intervista
 
Come ha iniziato l'attività di apicoltore?
La mia attività è iniziata grazie agli apicoltori! Nel ‘99 ho firmato un contratto di collaborazione con l’Associazione Apicoltori della Provincia di Milano (APAM), come tecnico. Fino a quel momento, nonostante la mia formazione in agraria, non avevo avuto alcun tipo di esperienza con il mondo delle api se escludiamo alcune punture prese da bambino in Sicilia, nella famosa città del miele di Sortino, dove mi recavo ogni estate in vacanza con i miei genitori. Sono state sufficienti alcune visite tecniche, volte al miglioramento delle condizioni igienico-sanitarie dei locali di estrazione, per raggiungere un forte legame di dipendenza nei confronti dell’ape e del suo mondo.
 
Per quali motivi ha scelto questa strada?
Oltre ad una dipendenza fisica ed emotiva, sono state le coincidenze e le circostanze della vita a portarmi a vivere con le api in maniera professionale. Da quella prima esperienza con gli apicoltori della Provincia di Milano, sentivo dentro di me che quella delle api era la strada che dovevo percorrere.
 
Che cosa vuol dire avere una passione per l’Ape?
Per chi vive in una grande metropoli, l’ape rappresenta una opportunità di muoversi: fisicamente, a distanze superiori ai 3 km dal caos cittadino; spiritualmente, a distanze infinite, dove il tempo è scandito solo dal sopraggiungere dell’imbrunire.
 
Quali sono le difficoltà che si incontrano nella sua zona?
Le difficoltà maggiori sono di tipo logistico: risiedendo a Milano, sono molti i Km necessari per raggiungere gli apiari situati nella Valle del Ticino, nei pressi di Vigevano, e il laboratorio di estrazione e stoccaggio, vicino all’aeroporto di Malpensa. Le distanze poi aumentano per raggiungere le aree dove produrre miele di Castagno (Lago d’Orta), di Tiglio (Val Sesia) e di Erba Medica (Oltrepò Pavese); poi si ritorna in pianura per preparare gli alveari all’invernamento e ci si concede un limitato riposo estivo.
 
Che problemi pone la commercializzazione?
Dopo 10 anni di vendita all’ingrosso, ho deciso di sfruttare quello che a priori poteva sembrare un handicap: vivere in una grande città. Ora la considero un’opportunità per realizzare una capillare rete di vendita diretta, attraverso la partecipazione ai mercati riservati ai produttori agricoli e alla trasformazione del mio ufficio in un piccolo punto vendita e rappresentanza.
 
Pratica il nomadismo?
Spostare le api è una necessità e un piacere per l’apicoltore e le api stesse. E’ un’opportunità per misurarsi e sommare esperienze, vivere nuovi luoghi e arricchirsi di emozioni.
 
Un Apicoltore deve essere anche un esperto botanico?
Un apicoltore deve avere semplicemente la sensibilità per comunicare con le api e per osservare l’ambiente; deve entrare in uno stato di sintonia con tutto ciò che è natura, dimenticando, magari, le informazioni teoriche e lasciandosi guidare dal proprio istinto.
 
Che tipo di apicoltura pratica?
La mia è un’apicoltura giovane, nel rispetto delle regole e del benessere delle api.
 
Cosa direbbe agli apicoltori che usano antibiotici?
Qualunque strada che preveda l’uso di antibiotici o acaricidi artigianali sminuisce il nobile lavoro di allevare api. In più, c’è da ricordare che è svalutata anche la qualità del miele e che gli antibiotici sono proibiti da quadro legislativo nazionale ed europeo. In apicoltura, occorre puntare sulla qualità per garantire il consumatore e l’ambiente.
 
Utilizza particolari tecniche per migliorare il lavoro in apiario?
A parte l’uso di un soffiatore a spalla per il recupero dei melari, la tecnica apistica è una costante osservazione nell’assecondare la naturale evoluzione delle famiglie, con l’aiuto di un diaframma, sottraendo o aggiungendo favi dove necessario, al fine di far coincidere l’esplosione dell’acacia con una adeguata popolazione.
 
Come lotta contro la varroa?
La lotta alla varroa è una tecnica apistica! Nessuna molecola, da sola, è in grado di debellare il parassita se non interviene il lavoro dell’apicoltore. Da quando ho iniziato la mia attività, non ho mai abbandonato l’uso del timolo (sotto forma di gel) e dell’acido ossalico. Oggi i due principi attivi sono impiegati, con maggior frequenza rispetto al passato, in una lotta estiva (erroneamente chiamata “tampone”) della durata di 15 giorni. Il futuro sarà una “lotta integrata”, in cui gli stessi principi attivi saranno integrati con l’utilizzo di tecniche di “confinamento parziale” delle regine al fine di esporre la quasi totalità delle varroe all’azione acaricida. Credo sia un dovere dell’apicoltore conoscere il grado d’infestazione dei propri alveari ed esaltare le proprietà acaricida dei prodotti che utilizza, senza nascondersi dietro delle insufficienti efficacie dovute agli andamenti climatici o alle case produttrici.
 
Cosa non funziona nel mondo apistico?
Il ricambio generazionale, come in agricoltura: i giovani rifuggono da una vita di sacrifici e difficoltà. Sono pochi coloro che dedicano la propria vita e quindi svolgono in maniera professionale l’attività di cura delle api e dell’ambiente. Invece, l’apicoltura è, principalmente, difesa e protezione ambientale! Il mondo apistico (apicoltori, associazioni, veterinari, istituzioni) dovrebbe trasmettere maggiore speranza ed entusiasmo; incentivare e permettere un costruttivo inserimento dei giovani in questa affascinante missione lavorativa.
 
Cosa funziona nel mondo apistico?
Tutti i prodotti che l’ape, incredibilmente, mette a nostra disposizione, direttamente e indirettamente, attraverso la sua funzione.
 
Cosa rappresentano per lei le api?
La mia vita e, di conseguenza, quella della mia famiglia. Eppoi, un costante banco di studio: c’è sempre da imparare osservando, ogni giorno, da vicino, la loro società. Infine, c’è da dire che assicurano una diffusa rilassatezza a chi lavora con loro: sono un antistress naturale.
 
Ci racconti un episodio particolare legato alla sua attività.
E’ l’episodio che ha segnato il cammino che percorro. Era il 25 Dicembre 1998 e il mio primo figlio, Elia, era nato da soli 6 giorni. A chi sarebbe venuto in mente di chiamare qualcuno per telefono proprio il giorno di Natale se non per fare gli auguri? Al dottor Lorenzo Montefiori, segretario dell’APAM. Mi disse che aveva letto una mia offerta di lavoro su una rivista di giardinaggio e mi propose un colloquio con il Presidente dell’associazione per ricoprire una mansione, per me sconosciuta, di tecnico apistico. Da quel giorno è cambiato tutto! E tante sono state le opportunità di crescita ricevute: ho lavorato da Luca Bonizzoni, Bruno Pasini e ho arricchito la mia formazione tecnica all’Istituto di Entomologia Agraria di Milano grazie ad una borsa di studio erogata per 4 anni dalla Vita-europe; fino ad arrivare a seguire un progetto di sviluppo in Argentina in qualità di tecnico apistico internazionale.
 
Aspettative future dell’attivita?
Sono soddisfatto dei risultati raggiunti e pronto per affrontare nuove esperienze, nella speranza di saper conciliare produzione, attività tecnica e bee family (Anna, Elia e Sole Veca).
 
 
 • Le immagini di questa intervista (click per visualizzare)
Mauro Veca
Mauro Veca durante l’esperienza argentina.
 
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