• Alessandro Gardin |
Le Api? La dolce svolta della mia vita |
di Massimo Ilari, Alessandro Tarquinio |
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CARTA DI IDENTITÁ |
nome |
Alessandro |
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cognome |
Gardin |
età |
32 |
regione |
Veneto |
provincia |
VI |
comune |
Vicenza |
nome azienda |
Apicoltura Gardin Alessandro |
inizio attività |
1995 |
arnie |
1500 |
apicoltura |
Nomade e Stanziale |
tipo di api |
Apis Mellifera Ligustica
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tipo di miele |
Tarassaco
Castagno
Acacia
Tiglio
Erba medica
Millefiori
Melata di abete
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miele prodotto |
450 quintali/anno |
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• L'Intervista |
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Cosa altro l’ha spinta verso l’apicoltura? |
E’ stata quasi una scelta obbligata. Quella che è oggi la mia azienda affonda le sue radici quasi ad un secolo fa, siamo nel periodo che va dal 1920 al 1930, quando ancora non esisteva la professione di apicoltore, così come la conosciamo oggi. |
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E cosa c'era? |
A quell’epoca le api erano allevate, nella stragrande maggioranza, da poche famiglie contadine che, assieme agli altri animali da cortile o di grandi dimensioni (i motori dell’epoca), andavano a contribuire al reddito famigliare. La prova? Si smielava una volta l’anno e si raccoglieva un solo tipo di miele. Col passare degli anni, però, molte cose sono cambiate e hanno fatto la loro comparsa anche numerosi pseudoapicoltori che hanno incominciato a differenziare i loro raccolti, andando a selezionare mieli di origine diverse. Ma andiamo avanti. In quel periodo c’era nel Veneto un personaggio molto famoso nel mondo apistico dal nome Giberto (lo zio di mio padre), chiamato da tutti Berto Dee Ave (Berto delle api), che aveva disseminato nel territorio le sue api.
Ma non era un egoista visto che il più delle volte le condivideva proprio con quei contadini prima citati.
Un po’ di storia.
Girava con il suo calesse, trainato da un cavallo nero, e sopra a quella che ci sembrava una “macchina infernale” portava sempre uno smielatore manuale e i fusti per la raccolta del prezioso nettare. |
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E dopo? |
Il miele così raccolto era conferito, poi, ad una grossa e nota marca di miele. C’è da aggiungere che se anche ora quella che può essere definita una grande multinazionale del miele etichetta male le confezioni a “quel tempo” ha rivestito un ruolo importante per la diffusione del miele nel territorio nazionale ed estero. E che si sia registrato un cambiamento lo dimostra il fatto che durante gli anni della ripresa economica si conosceva solo un tipo di dolcificante: lo zucchero bianco raffinato.
Berto Dee Ave portava spesso nei suoi viaggi mio padre che, adolescente, ideava tutti i modi per far burle e marachelle come ad esempio mettere dei bastoncini intinti di miele davanti alle “casette” delle api causando di proposito il saccheggio dell’alveare. Con il passare del tempo, tra un rimprovero e qualche sculacciata, mio padre subentrò a mio zio con gran passione e amore per le api, tanto da sviluppare l’attività così come oggi la si conosce. |
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E' stato difficile? |
Sì, ma con l’impegno si centra qualsiasi obiettivo. Fin da subito papà incrementò il suo patrimonio apistico fornendo servizi di impollinazione e di vendita dei nuclei oltre che vendere all’ingrosso il miele ricavato.
Si ingrandì a tal punto da diventare un riferimento locale sia per la formazione e il trasferimento della cultura apistica, sia per l’acquisizione del miele che gli apicoltori locali non riuscivano a vendere privatamente.
Grazie ai suoi sacrifici e a quelli di mia madre che ancora oggi ci guida, io e mia sorella Raffaella viviamo di quello che hanno costruito i miei genitori: io seguo la parte dell’allevamento delle api mentre mia sorella la parte commerciale.
Quando mio padre è mancato, causa un incidente automobilistico, più di 10 anni fa, io dovevo ancora terminare gli studi... di punto in bianco mi sono trovato con mia sorella e con la mamma la responsabilità di continuare il suo operato.
All’inizio non fu facile; mi sembrava che il mondo mi fosse caduto addosso... grazie anche all’aiuto di mio zio già introdotto nell’azienda e braccio destro di mio padre le cose cominciarono a girare nel verso giusto e ora sono orgoglioso di questa scelta. |
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Cosa vuol dire per lei amore per l'ape? |
Secondo me, dopo l’uomo, l’ape è l’essere più perfetto e complesso del Creato!
In suo onore sono stati scritti gli elogi più nobili che si conoscono!
Dall’antica civiltà cinese, la medicina ayurvedica indiana, dalla Bibbia al Corano, dall’antica Grecia ai Romani (con Plinio il Vecchio e Virgilio) per non parlare degli antichi Egizi, veri cultori e maestri di questa arte antica, e pur sempre attuale.
Pensiamo che a tutt’oggi continuamente vengono scoperte sostanze rare, sia nel miele che nella pappa reale, che, pur essendo in quantità infinitesimali, conferiscono a questi prodotti delle qualità curative, se non addirittura preventive per molte patologie (questo lo dicono i medici e gli scienziati dell’alimentazione, ai vari convegni ai quali assiduamente partecipo).
Del resto, elogi nei riguardi dell’ape si trovano anche nei versetti del corano. Che recitano “Il tuo Signore ammaestra l’ape dicendo: fabbricati delle dimore nei monti e anche negli alberi e anche nelle costruzioni dell’uomo, quindi gusta di ogni specie di frutto e và per le agevoli strade del suo Signore: esce dai loro corpi una bevanda di vario colore, che è in sé una medicina per l’uomo”.
Poi, anche voi di Apitalia dedicate il dovuto spazio all’importanza che l’ape ha avuto nell’arte pittorica anche da parte dei piu grandi artisti. |
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Con quanti alveari va in prduzione, annualmente? |
Un numero approssimativo di 1500 alveari con più di 1200 alveari destinati al servizio di impollinazione. La mia attività è formata da apiari sia stanziali che nomadi.
Il mio raggio d’azione comprende tutto il centronord italiano più la formazione di un numero consistente di nuclei, sia per rimpiazzare le famiglie che di anno in anno vengono a mancare (una percentuale del 5 % è fisiologia - quando va bene - e questo bisogna certo preventivarlo nel bilancio aziendale) e in secondo luogo per le numerose richieste dei nuovi apicoltori, specie i più giovani che ogni anno iniziano questa avventura, un po’ per hobby o per curiosità. Il 50% dei casi, però, nonostante le prime batoste iniziali, proseguono e aumentano i loro apiari di pari passo con la loro esperienza.
Mi viene in mente, a questo proposito, quell’apicoltore vicentino, 74 enne, - vedi Apitalia giugno 2008 - che partendo 40 anni fa con solo due alveari, oggi è un punto di riferimento per le nuove leve: lui è stato uno degli allievi di mio padre. |
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Ha qualche consiglio da dare ai suoi colleghi apicoltori? |
Conoscere le api, il loro mondo, i loro prodotti. Se sappiamo osservare bene un alveare (non solo una volta ogni tanto) impariamo molto da questi meravigliosi insetti. Non solo come trattarli e renderli più produttivi, ma anche delle vere e proprie lezioni di vita grazie alla loro organizzazione, al loro spirito di sacrificio, alla loro precisione, al loro modo di comunicare, alla gestione delle scorte, al modo di differenziare i compiti e i lavori. Inoltre, la cosa più semplice da farsi (forse) è la degustazione del miele.
Grazie alle tecniche di degustazione, alle analisi organolettiche e chimiche, oggi possiamo con semplici gesti riconoscere e valutare ogni tipo di miele, dare un giudizio di bontà genuina e freschezza del prodotto.
Ovvio che non possiamo dare al miele solo delle proprietà curative, anche se in molti testi storici lo fanno, ma possiamo considerarlo un vero e proprio alimento con notevoli virtù.
Solo chi conosce a fondo il miele lo fa apprezzare al pubblico, ai propri clienti e, tenendo sempre alta la qualità, può sperare in una continua e crescente remunerazione.
Io, ho fatto mio uno slogan: il mio miele costa... sì... perché dentro ci sono io, con la mia passione, con il mio lavoro, con la mia storia, con la mia esperienza, con il mio amore per la natura... e scusate se è poco. |
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Cosa non funziona nel mondo apistico? |
A volte l’egoismo, a volte l’ignoranza. L’«apicoltore», quale artigiano del suo regno segreto, è tenuto da sempre ad essere un operatore guardingo e diffidente. Questo poteva andar bene in pieno ‘800, ma ora non più.
Con la moderna apicoltura intensiva, lo spostamento di apiari, molto consistenti dal nord al sud della nostra penisola, si corre il rischio di provocare o di essere coinvolti in veri “disastri”. Finché le api non avranno la “cavezza” (le briglie) come le mucche nella stalla o non riusciremo a dire loro dove andare, le api troveranno sempre grossi problemi di sopravvivenza nel territorio a causa di veleni, zone inquinate, scarichi mal funzionanti.
Ma il vero problema è costituito, secondo me, dalle api di altri apicoltori che spesso non vengono seguite a sufficienza e si trasformano in veri e propri focolai di morte.
Cosi facendo, io che attuo il nomadismo portando in giro le api per tutto il centro-nord Italia, mi trovo a combattere di continuo con questa realtà.
La sopravvivenza e la moltiplicazione delle api è indice di un territorio sano e privo di inquinamenti. Quindi noi facciamo il nostro lavoro e spesso ci dimentichiamo di essere, oltre che degli aiutanti della natura, contribuendo a sviluppare frutta più bella e buona grazie all’impollinazione e a diffondere e garantire la biodiversità dell’ambiente, garantendo la formazione di semi della flora spontanea e coltivata, siamo anche dei controllori a largo spettro dell’ambiente, e con le nostre api potremmo consegnare dei “certificati di benessere al territorio dove esse lavorano”. |
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Qualche considerazione finale? |
Come ho detto, faccio nomadismo a lungo raggio: dal Trentino alla Toscana e anche oltre; ma il nomadismo in Trentino è per l’impollinazione.
Ora, quando vedo ai mercati ortofrutticoli tutto il ben di Dio che è in vendita non posso non pensare al lavoro instancabile delle mie api.
Eppoi, osservando questa frutta cosi variopinta, profumata e gustosa, penso che col mio lavoro ho contribuito, anche se in minima parte, a dare una mano alla natura che ne ha veramente bisogno.
Non per niente il tema di uno degli ultimi convegni di Lazise, I Giorni del miele, è stato: “Salvare le api per la produttività in agricoltura e per la salute dell’uomo”. |
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• Le immagini di questa intervista (click per visualizzare) |
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Alessandro Gardin |
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