Speciale Apicoltori - n. 588, aprile 2009
Gli uomini dell'Apicoltura in Italia
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 • Viviana Micheluzzi
L'Ape? Un disegno della Natura
di Massimo Ilari, Alessandro Tarquinio
 
 CARTA DI IDENTITÁ
 nome  Viviana
 cognome  Micheluzzi
 età  37
 regione  Trentino-Alto Adige
 provincia  TN
 comune  Castello di Fiemme
 nome azienda  I Dolci Sapori del Bosco
inizio attività  2003
arnie  200
 apicoltura  Nomade e Stanziale
tipo di api  Apis Mellifera Carnica
 tipo di miele  Millefiori
Rododendro
Melata di abete
Castagno
Tiglio
Acacia
 miele prodotto  95 quintali/anno
 
 • L'Intervista
 
Come ha iniziato l'attività di apicoltore?
Passione pura. Già all’età di 6-7 anni prendevo in mano api e bombi e provavo a portarli in piccole cassette. Le punture non erano un problema, lo era il fatto che non rimanevano nelle piccole case che io gli procuravo. Cominciai a chiedermi, interdetta, perché tornassero al loro alveare. Diventata più grande cominciai a dedicarmi ai libri perché non potevo praticare l’apicoltura. Tutto sembrava finito, con la passione chiusa nel cassetto. Invece, alcuni anni fa ho potuto, finalmente, realizzare il mio sogno. Una volta iniziato il percorso apistico non si può tornare indietro e così dalle poche casse degli esordi alle duecento arnie dell’oggi sono passati pochi anni.
 
Per quali motivi ha iniziato?
Perché quando si crede in quello che si fa qualsiasi lavoro non pesa e non stanca, anzi lo vedi ogni giorno come una sfida. E le scoperte e i colpi di scena non mancano mai. E sì, perché in apicoltura c’è ancora molto da scoprire e questo è molto stimolante per chi come me difficilmente si adagia a ciò che gli altri dicono.
 
Cosa significa avere una passione per l’ape?
Vuol dire fermarsi davanti alle arnie senza pensare più al tempo che passa. Poi, capita un altro miracolo alchemico: si riesce ad immergersi nel loro mondo, le si osserva e si arriva a capire le loro esigenze e scoprire che è possibile sapere che cosa succede all’interno dell’arnia, senza visitarla. Infine, si impara, ogni giorno, qualcosa di nuovo. Il socratico “so di non sapere” diventa la nostra parola d’ordine: consapevolezza di non avere mai imparato abbastanza. Una considerazione. Alla passione occorre coniugare il rispetto. Noi dobbiamo esercitarlo giornalmente verso “nostra madre ape”, visto che senza di lei non ci sarebbe più futuro per l’umanità. Rispetto vuol dire anche curarla dolcemente, senza avvelenarla con molecolole tossiche di sintesi che danneggiano l’ape, il miele, l’ambiente e l’uomo.
 
Quali sono le difficoltà che si incontrano nella sua zona?
Sono presenti troppi ibridi. Purtroppo alcuni decenni fa sono state introdotte api che nulla avevano a che vedere con il nostro clima, e così l’ecotipo dell’areale, che tante soddisfazioni aveva dato agli apicoltori, sopravvive solo in alcune zone isolate del Trentino grazie alla costanza e alla caparbietà di alcuni anziani apicoltori che hanno conservato un patrimonio genetico unico, a volte senza neppure saperlo.
 
Che problemi pone la commercializzazione?
Il prezzo del miele che produciamo deve adeguarsi troppo frequentemente a quello di mieli di dubbia qualità. Inoltre, il consumatore non è mai consapevole della differenza di qualità del miele. Da questo punto di vista c’è poca informazione. Invece di dissipare i finanziamenti in migliaia di rivoli che non portano a niente, sarebbe auspicabile destinarne una parte a campagne informative dirette al grande pubblico. Poi, è giunto il momento di portare le api nelle scuole. Sono convinta è la condicio sine qua non per uno sviluppo del mercato e della qualità. E’ fondamentale incrementare i consumi: con appena 350 g di miele pro-capite siamo il fanalino d’Europa nelle statistiche di consumo.
 
Pratica il nomadismo?
Sì, mi permette di avere alcune monoflora molto ricercati come il rododendro o la melata di abete.
 
Un Apicoltore deve essere anche un esperto botanico?
Sicuramente. Le diverse fioriture e i diversi periodi di fioritura sono determinanti per chi pratica il nomadismo, e talvolta sbagliare di pochi giorni può essere assai penalizzante dal punto di vista dei raccolti. Proprio per questo apprezzo l’attenzione che Apitalia porta avanti in questo campo.
 
Che tipo di apicoltura pratica?
Pratico un’apicoltura molto razionale e naturale per quanto riguarda la produzione di miele e di pura passione per quanto riguarda la selezione delle regine, utilizzando l’inseminazione strumentale che comporta un grandissimo dispendio di tempo e di energie.
 
Cosa direbbe agli apicoltori che usano antibiotici?
Direi che stanno indebolendo le proprie api e quelle degli altri dal punto di vista genetico e che stanno andando nelle direzione opposta a quella che occorrerebbe seguire per avere api sane e produttive. Se poi a chi vi ricorre nulla importa delle proprie api direi di fare una piccola riflessione rivolta a coloro che con fiducia aquistano il loro miele e che lo danno, sempre con fiducia, anche ai bambini.
 
Utilizza particolari tecniche per migliorare il lavoro in apiario?
Le tecniche apistiche che impiego sono quelle che probabilmente tutti conoscono. Sposto i favi di covata, alimento le api con il miele, visito il meno possibile, restringo le famiglie in autunno e di nuovo in primavera. Forse la tecnica apistica più significativa è quella di sostituire le regine tutti gli anni, nel mese di luglio, con altre regine ottime. Non dimentichiamo mai, però, che le buone tecniche apistiche se non sono associate ad una buona regina non forniscono nessun risultato apprezzabile e fanno sprecare molto tempo per niente. Una regola fondamentale è che se abbiamo una buona regina avremo un buon alveare; se la regina è scarsa l’alveare sarà scarso.
 
Come lotta contro la varroa?
Alcuni oli essenziali, da febbraio a luglio, con l’obiettivo di confondere i ferormoni che le varroe seguono per entrare nelle cellette. L’intento è di impedire una normale riproduzione della varroa. A fine luglio, ingabbio la regina e sul blocco di covata utilizzo l’ossalico gocciolato, non libero però la vecchia regina perché dopo essere stata reclusa per alcune settimane è stata compromessa la sua perfetta deposizione e sfrutto il calo ormonale della regina per sostituirla, senza problemi di accettazione, con una regina appena nata ma già feconda che darà il meglio di sé proprio nei mesi autunnali, portando le covate fino a metà novembre. Sul blocco di covata naturale di dicembre ancora l’ossalico gocciolato, per una pulizia definitiva.
 
Cosa non funziona nel mondo apistico?
C’è scarsa voglia di salvare le api e tanta voglia di trarre pofitto dal miele. All’inizio ho parlato di rispetto. Ebbene se consultiamo il vocabolario vedremo che si tratta di una parola connotata da un significato che non lascia spazio ad equivoci: “sentimento di deferenza e stima nei confronti di una persona, o di una creatura animale, ritenuta degna”. Il senso delle parole ha la forza delle pietre e non si perde certo per interessi di “bottega”.
 
Cosa funziona nel mondo apistico?
La sapienza degli apicoltori anziani, come Renzo, il mio grande maestro, che con esperienza e vera passione ha per ogni domanda una precisa risposta. E’ un patrimonio da coccolare e difendere con forza. E’ un patrimonio da trasferire ai giovani che intendono entrare in apicoltura e che non sono mai abbastanza.
 
Cosa rappresentano per lei le api?
Sono madre di tre splendidi figli e tutti i giorni le api e il mio mestiere mi danno la possibilità di far capire loro il significato profondo della natura e qual è il modo migliore di viverla. Insomma, mi fanno sentire parte del creato.
 
Ci racconti un episodio particolare legato alla sua attività.
Purtroppo ho dovuto anche confrontarmi con l’invidia e la cattiveria umana. Nel mese di agosto del 2008 ho perso parte del mio patrimonio apistico. Ho subito il furto di sette arnie (stranamente le migliori) e la distruzione di venticinque. Pensavo fosse finita lì, invece a distanza di quattro giorni me ne ho trovate distrutte altre venti.
 
Aspettative future della sua attività?
Spero al più presto di poter andare, in California. Qui c’è l’UC Davis, scuola di medicina veterinaria. L’intento? Approfondire ulteriormente le tecniche di selezione strumentale e applicarle nella mia azienda con la speranza di poter tornare indietro. Dove, vi chiederete voi? Per farla breve, a quell’ape forte, sana, autonoma, come madre natura l’aveva creata. Sono fermamente convinta che per andare avanti bisogna fare due passi indietro... amore e rispetto per la natura, ricerca ed attenta selezione delle materie prime, estrema cura nella produzione. Ecco elencati, in breve, solo alcuni degli ingredienti che la nostra famiglia utilizza ogni giorno per dare forma e sostanza alle… dolcezze che presentiamo ai consumatori. Solo così la nostra piccola attività riesce ad ottenere una produzione conosciuta come chiaro esempio di eccellenza di qualità e genuinità. La nostra famiglia ha così saputo nel tempo valorizzare la cultura e le tecniche tradizionali rivisitandole attraverso la moderna tecnologia ed un pizzico di golosa creatività.
 
 
 • Le immagini di questa intervista (click per visualizzare)
Viviana Micheluzzi
 
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