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Polline congelato. Che cosa succede dopo lo scongelamento | ||||||||||
di Matteo Giusti*, Cesare Biondi*, Filippo Fratini**, Fabrizio Bertelloni**, Simona Sagona*, Antonio Felicioli* | ||||||||||
Il polline è un alimento-rimedio: un prodotto veramente eccezionale per la salute dell’organismo. E non a caso incontra sempre di più i favori dei consumatori: salutisti e no. Nell’articolo in questione viene presentato il polline congelato che sta conoscendo un forte sviluppo commerciale. In Francia, c’è addirittura una grande azienda specializzata: la Pollenergie | ||||||||||
Il polline congelato sta prendendo sempre più piede sul mercato dei prodotti dell’alveare, con buone prospettive di sviluppo e margine di guadagno per le aziende apistiche. Nato da un’idea dell’apicoltore francese Patrice Du Sert, il polline congelato ha avuto un forte sviluppo commerciale, che ha portato, in Francia, alla realizzazione di una grande azienda specializzata, la Pollenergie. In Italia, questa tipologia di prodotto si è sviluppata molto grazie anche alle innovazioni tecniche messe a punto da due apicoltori toscani, Aldo Metalori e Andrea Niccolai, che hanno realizzato un nuovo modello di trappola, la Pigliapolline Metalori, e una innovativa macchina deumidificatrice che ha permesso di ottimizzare la preparazione del prodotto per il congelamento, come già riportato in un altro articolo di Apitalia (Giusti, 7/8 -2009). A livello internazionale, poi, il polline sta avendo grande interesse anche scientifico, con numerosi studi sulle sue ottime caratteristiche nutrizionali (Linskens e Jorde, 1997), sulle proprietà nutraceutiche che lo classificano come buon integratore proteico e salino (Oian et al., 1990; Haro et al., 2000) e anche medicinali, in particolare per il trattamento delle prostatiti (Dhar e Shoskes, 2007; Duclos et al., 2007; Campos e Frigerio, 2008), infine per i possibili effetti antitumorali (Wu e Lu, 2007). Nonostante tutto questo interesse e questa attenzione, tuttavia, al momento ci sono ancora delle grandi lacune riguardo alla qualità, alla conservabilità del prodotto in oggetto, alla sua stabilità microbica, alle possibili alterazioni che lo possono interessare. Ad esempio, che cosa succede al polline dopo lo scongelamento, soprattutto in caso di scongelamento accidentale? Come si comportano i batteri e le muffe presenti? Quali sono le modalità di conservazione e confezionamento più opportune? Con questo lavoro, che si inserisce in un’indagine più ampia inerente la qualità e le buone pratiche di conservazione del polline, i cui risultati preliminari sono stati presentati anche al congresso internazionale EURBEE 2010 ad Ankara (Fratini et al., 2010), abbiamo cercato di iniziare a fornire una risposta. Materiali e metodi Per rispondere alle tre domande poste sopra. Ricordiamole. La prima. Che cosa succede al polline dopo lo scongelamento, soprattutto in caso di scongelamento accidentale? La seconda. Come si comportano i batteri e le muffe presenti? La terza. Quali sono le modalità di conservazione e confezionamento più opportune? E’ stata allestita una prova per valutare la carica batterica e la quantità di muffe e di lieviti di una partita di polline allo stato congelato e dopo lo scongelamento in due modalità di confezionamento diverso. Per la prova è stata utilizzata una partita di polline biologico congelato, prodotto in Lucchesia (un territorio che si estende da Lucca all’Appennino, scavato dal passaggio del fiume Serchio. Siamo in Toscana), pronto per la commercializzazione, e conservato a -20 °C. L’origine botanica del polline è stata determinata mediante analisi palinologica. La partita in esame è stata suddivisa in tre campioni conservati in maniera diversa. In particolare sono stati presi in esame: • un campione di polline congelato tal quale; • un campione di polline congelato, lasciato a temperatura ambiente per 48 ore in una vaschetta da alimenti, chiusa, normalmente utilizzata per la commercializzazione; • un campione di polline congelato, messo sottovuoto e lasciato nella busta sigillata del sottovuoto per 48 ore, sempre a temperatura ambiente. Di ogni campione sono state fatte tre aliquote (repliche), analizzate parallelamente, e ogni analisi è stata ripetuta cinque volte. Di ogni campione è stata valutata la carica batterica e la quantità di muffe e lieviti presenti. Per la determinazione della carica batterica e della quantità di muffe e lieviti sono state usate le procedure standard, normalmente usate per questo tipo di analisi sia su campioni di origine alimentare che di origine ambientale. Risultati Prima di esporre i risultati ci permettiamo di fare una nota terminologica. In italiano non c’è un termine, tecnico o gergale, per indicare le pallottoline di polline trasportate dalle api e che vengono raccolte per l’uso commerciale. In inglese, invece, c’è un nome specifico che è pollen load, letteralmente “carico di polline”, in quanto è la quantità di polline che un’ape riesce a trasportare su una zampa. In analogia a questa terminologia anglosassone, e considerando che la struttura con cui le api trasportano il polline sulle zampe si chiama corbicula, vorremmo suggerire per indicare queste masserelle di polline, il termine “corbiculetta”, in quanto è la quantità trasportata dalle api sulla corbicula di una zampa. Pertanto, in questo lavoro useremo sempre il termine “corbiculette” per indicare le singole “pallottoline” di polline. La partita di polline è risultata composta in prevalenza da corbiculette gialle e, a seguire, da corbiculette grigio-verdastre. In percentuale, le corbiculette grigio verdastre risultano essere circa il 12% del totale. All’analisi palinologica le corbiculette gialle sono risultate essere al 90% di polline di castagno (Castanea), al 9% di polline di rovo (Rubus), all’1% di polline di olivo (Olea), con tracce di pollini di composite (Compositae A) e di cisto (Cistus) (Fig. 2). Le corbiculette grigio verdastre risultavano composte al 90% da rovo (Rubus) e al 10% di castagno (Castanea), con tracce di polline di olivo (Olea) (Fig. 2). La presenza di rovo sulle corbiculette gialle e di castagno sulle corbiculette grigio-verdastre è attribuibile ad una contaminazione delle pallottoline stesse le une con le altre all’interno del contenitore. Prendendo, a caso, un’aliquota di corbiculette e amalgamandole insieme, la massa risulta composta al 70% da polline di castagno (Castanea), al 25% di polline di rovo (Rubus), al 5% di polline olivo (Olea). Nel polline congelato si è evidenziata una carica batterica totale media di 210 mila unità batteriche formanti colonia per millilitro (UFC/ml), il polline scongelato, non sottovuoto, dopo 48 ore ha mostrato una carica batterica 244mila UFC/ml, e il polline scongelato, sottovuoto, dopo 48 ore una carica batterica poco superiore a 380mila UFC/ml. Da un punto di vista statistico questi valori non sono diversi tra loro, come riportato anche nel grafico 1. Nel polline congelato è risultato esserci un valore medio di 197mila unità di muffe e di lieviti formanti colonia per millilitro (UFC/ml), il polline scongelato non sottovuoto, a 48 ore dopo lo scongelamento, è risultato avere una valore di circa 280mila UFC/ml, e il polline scongelato sottovuoto dopo 48 ore una quantità di muffe e lieviti di poco superiore a180mila UFC/ml. Anche questi valori, come nel caso della carica batterica, non risultano diversi da un punto di vista statistico, cioè, le differenze sono minime e dovute al caso (grafico 2). Conclusioni I risultati delle analisi microbiologiche mostrano che il polline rimane sostanzialmente stabile dopo 48 ore dallo scongelamento dal punto di vista della carica batterica e della quantità di muffe e lieviti presenti. Uno scongelamento anche accidentale di poche ore risulterebbe, quindi, innocuo per il prodotto, almeno per quanto riguarda la sua stabilità microbiologica; per quanto in generale è sempre sconsigliabile congelare e scongelare gli alimenti. In base a tali risultati la modalità di conservazione e di confezionamento sottovuoto, che tra l’altro richiede attrezzature specifiche e costi aggiuntivi, risulta essere superflua. Anzi, alle volte, il confezionamento sottovuoto rischia di disgregare le corbiculette a causa della spinta delle pareti del contenitore sul prodotto, facendo aumentare la quantità di polline in polvere che non risulta gradita per il consumo, in quanto farinosa e tendente a impastare la bocca. Dal lavoro emerge che, limitatamente alle condizioni sperimentali da noi impiegate, il polline congelato è microbiologicamente stabile dopo uno scongelamento di 48 ore. Ciò significa che tali risultati sono validi solo per un polline congelato con caratteristiche analoghe a quelle utilizzate nella prova, cioè perfettamente pulito, stoccato con un’umidità opportuna e ben conservato. È bene sempre ricordare che il polline troppo umido può fermentare e ammuffire, con un deterioramento irreversibile del prodotto, che può anche essere pericoloso per il consumo umano, come riportato sui manuali di apicoltura (Contessi, 2004; Pistoia, 2010). In generale, il polline congelato, se e solo se, opportunamente pulito e stoccato al giusto grado di umidità, è un prodotto tendenzialmente stabile da un punto di vista microbiologico. Ringraziamenti Si desidera ringraziare Aldo Metalori e Andrea Niccolai per la disponibilità, i campioni di polline e tutte le informazioni relative al prodotto fornitoci. |
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© Apitalia - Tutti i diritti riservati Scritto in data 18/01/2011 da Matteo Giusti*, Cesare Biondi*, Filippo Fratini**, Fabrizio Bertelloni**, Simona Sagona*, Antonio Felicioli* * Laboratorio di Apidologia Dipartimento di Scienze Fisiologiche, Università di Pisa ** Dipartimento di Patologia Animale, Profilassi ed Igiene degli Alimenti, Università di Pisa |
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