Il punto sull'utilizzo di alcuni antiparassitari |
L'UTILIZZO DI CHLORFENVINFOS E ACRINATRINA: |
di Albino Gallina e Franco Mutinelli* |
*Centro di Referenza Nazionale per l’Apicoltura Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie Viale dell’Università, 10 - 35020 Legnaro (PD), Italia |
A difesa delle api dall’acaro Varroa destructor gli apicoltori hanno a disposizione molteplici soluzioni: alcune basate su sostanze di origine sintetica altre di origine “naturale”. Negli ultimi anni la varroa ha manifestato una generale resistenza nei confronti dei farmaci registrati per l’apicoltura a base di principi attivi di sintesi. Tale resistenza ha portato allo sviluppo di due realtà apistiche: quella maggioritaria, che utilizza sostanze di origine naturale come gli oli essenziali (timolo, eucaliptolo, mentolo) o gli acidi organici (acido formico e ossalico) ed una minoritaria che cerca in nuovi principi attivi di sintesi, derivati per lo più dal mondo agricolo, la soluzione alla varroasi. Tra i principi attivi, maggiormente utilizzati da quest’ultima realtà nell’ultimo biennio, principalmente per la loro elevata efficacia, vi sono il Clorfenvinfos e l’Acrinatrina. Il clorfenvinfos è un acaricida organofosforato utilizzato in agricoltura nella lotta a taluni acari ed afidi come principio attivo nei prodotti Birlane®, Supona®, Saprecon® e Steladone®. È una sostanza liposolubile, cioè affine ai grassi, con un tempo di semivita, periodo in cui dimezza la propria concentrazione, di 36 giorni. Sul piano della tossicità per l’uomo, è stata dimostrata una certa pericolosità per il sistema nervoso. L’acrinatrina è un norpiretrato che esplica elevata azione contro acari ed afidi oltre ad altri insetti. È il principio attivo dei prodotti commerciali Rufast®, Orytis® ed Ardent®. Agisce per contatto. È liposolubile ed ha un tempo di semivita di 37 giorni. È considerata una sostanza poco tossica per l’uomo ma che può creare disfunzioni al sistema endocrino. L’uso di alcuni prodotti che contengono clorfenvinfos o acrinatrina nella lotta alla varroasi è in contrasto con la legislazione nazionale e comunitaria. Infatti, non esistendo farmaci registrati per l’apicoltura a base di questi principi attivi, il loro utilizzo risulta del tutto illecito. Inoltre è bene ricordare che in Italia tutte le autorizzazioni alla commercializzazione dei prodotti aventi come principio attivo il clorfenvinfos sono state ritirate alla fine del 2003 (Reg. (CE) 2076/2002). La somministrazione di questi p.a. avviene il più delle volte facendo assorbire, su stecche di legno o cartone, il prodotto commerciale opportunamente diluito. Tali stecche imbevute vengono posizionate in corrispondenza della porticina di ingresso dell’alveare o addirittura all’interno dell’arnia esplicando la loro azione per contatto diretto o lenta evaporazione del principio attivo. Questa pratica, purtroppo, in alcuni casi, viene suggerita dagli stessi addetti al settore a scapito di una gestione più corretta e salubre oltre che legale degli alveari mediante l’uso di farmaci registrati o “naturali” come gli acidi organici e gli oli essenziali, fornendo modalità e tecniche di applicazione di sostanze non autorizzate, con possibili gravi conseguenze non solo per il singolo apicoltore, ma per l’intera categoria. L’utilizzo di questi principi attivi porta con se molti rischi. Il primo è di carattere sanitario: un dosaggio sbagliato può essere pericoloso sia per le api che per gli stessi operatori e vista l’applicazione “fai da te” tale rischio è molto elevato. Infatti, non vi sono studi accurati sulle quantità da utilizzare, le modalità ed i tempi di applicazione di questi prodotti che a determinate dosi possono risultare letali per le api (rischio acuto). Senza considerare il fatto che non ci sono nemmeno studi sugli effetti a bassi dosaggi che tali sostanze potrebbero avere (rischio cronico). Un secondo rischio è dovuto all’inquinamento di tutto ciò che è interno all’arnia: in particolare alcuni prodotti dell’alveare possono assorbire i principi attivi e conservarli a lungo. Il ritrovamento di residui di clorfenvinfos o acrinatrina o di qualsiasi altro principio attivo non autorizzato nel miele o negli altri prodotti alimentare dell’apiario, nel corso di un controllo ufficiale, fa scattare automaticamente la denuncia alle autorità competenti ed il ritiro immediato dal mercato del prodotto stesso. Un problema ancora maggiore può risultare l’inquinamento della cera, in cui queste sostanze si sciolgono benissimo. Infatti, la cera, per le sue caratteristiche di inerzia chimica e capacità conservativa, tende ad accumulare grandi quantità di principi attivi pesticidi, rallentandone oltretutto la degradazione. È logico immaginare che una cera molto inquinata possa rilasciare quantità più o meno basse di principio attivo al miele, alla gelatina reale ed al polline. Negli ultimi mesi sono pervenuti alcuni campioni di cera presso il laboratorio del Centro di Referenza Nazionale per l’Apicoltura che all’analisi sono risultati inquinati da clorfenvinfos con quantità che variano da pochi g/kg sino a 300 g/kg, segno che il problema è reale e la sua rilevanza sta aumentando.
Conclusioni Attualmente i fitofarmaci sopra elencati, come il Birlane®, sono facilmente reperibili presso il mercato illegale o all’estero e come per molti altri farmaci non autorizzati (vedi gli antibiotici), il loro utilizzo rappresenta un grosso rischio per l’intero mondo apistico italiano: i loro residui, infatti, non solo possono causare la non commerciabilità del prodotto in cui vengono riscontrati, ma anche generale una pubblicità negativa per l’intero settore apistico italiano. |
(13 maggio 2008, Apitalia) |